Una nuova live Youtube in cui siamo andati alla scoperta di ciò che bolle in pentola in casa Subcult Joint.
Stefano Guglielmana ci accoglie ancora una volta nel suo mitico regno a Brighton, seduto su una vistosa poltrona tigrata, con una splendida t-shirt dei Misfits e il sorriso radioso.
Per noi è sempre entusiasmante, divertente e soprattutto illuminante scambiare due chiacchiere con lui in amicizia.
Perché questa non è un’intervista, ma una piacevole conversazione con uno degli sviluppatori più interessanti, talentuosi e originali che abbiamo avuto il piacere di conoscere.
Autore del potentissimo Cookie Cutter, nonché fenomenale disegnatore e animatore, Stefano ha quel guizzo incisivo che è un mix tra l’irriverenza e la profonda saggezza. Sempre con la battuta pronta e la parola giusta al momento giusto.

Reduce da un meritato periodo di relax in Sicilia, è tornato in Inghilterra più carico che mai e ci ha dato delle importanti anticipazioni sul suo futuro e soprattutto sul futuro della sua creatura, Cookie Cutter, appunto.
Cherry, i Denzel e compagnia cantante, in particolare la visione di quel mondo che avrebbe potuto trasformarsi in qualsiasi cosa, un videogioco, un film, fanno parte della vita di Stefano da quando è bambino. Sono nei suoi pensieri, nei suoi progetti e nei primi bellissimi esempi di un fumetto che risale addirittura al 2002.


Quel mondo di quando era bambino, Stefano non lo ha mai lasciato. Si è evoluto, è cresciuto insieme a lui, fino a diventare il prodotto che due anni fa ha visto la luce e ha iniziato a muovere i suoi primi passi.
L’evoluzione Cookie Cutter
Proprio perché Stefano non ha ancora intenzione di uscire da quell’universo che la sua mente brillante e creativa ha costruito, Cookie Cutter non resterà un prodotto pubblicato e finito per poi passare al prossimo.
Non è ancora il momento di pensare ad un nuovo progetto, insomma.
Cookie Cutter ha ancora molto da dire e Stefano vuole continuare a dargli voce e ad arricchirlo il più possibile.
L’idea è quella di un DLC, con il suo team bello riarmato e pronto a spaccare tutto.
Il presupposto per realizzare ciò, purtroppo, è sempre lo stesso: i finanziamenti.
Nell’attesa della condizione adeguata, però, Stefano non molla:
“Finché non ho la disponibilità economica per rimettere insieme il team e fare il DLC, posso solo occuparmi di piccole o medie migliorie. E se non riesco ad avere abbastanza soldi per partire con il DLC, continuo così: aggiusto cose ogni tanto. Magari ci metto altri quindici anni e inserisco nuove missioni lentamente. Non me ne frega niente, magari ne vendo tre copie: finché ho voglia di lavorarci, ci lavoro”.

Cosa è successo davvero con i publisher
Ma veniamo al punto caldo di questa allegra chiacchierata. Perché noi di Indie Games Devel, curiosi come scimmie, non vedevamo l’ora di conoscere nel dettaglio le motivazioni e le dinamiche che ci sono dietro a un cambio di rotta che Stefano ha lasciato ben intendere anche nei suoi profili social.
La storia tra Stefano e il publisher di Cookie Cutter non è quel tipo di dramma tossico che spesso si immagina quando si parla di rapporti tra creativi e industria. È molto più sfumata, più reale e, in un certo senso, persino più interessante. È una storia fatta di investimenti, di fiducia iniziale, di fasi della vita che cambiano e di quel punto in cui due realtà smettono di camminare nella stessa direzione.
Tutto era iniziato con entusiasmo. Il publisher aveva creduto nel progetto quando Cookie Cutter era ancora lontano dall’essere il gioco che conosciamo oggi. Aveva investito circa mezzo milione di dollari, una cifra che per uno studio indipendente può significare respirare. Ed è quello che era successo: per un lungo periodo, la collaborazione aveva permesso al team di concentrarsi davvero sullo sviluppo senza l’incubo di dover autofinanziare ogni minuto di lavoro.
Quel tipo di accordo, però, ha sempre una struttura molto chiara: finché il publisher non recupera l’intero investimento, resta lui il partner principale. Solo dopo, gradualmente, la proprietà torna completamente nelle mani degli sviluppatori. Stefano lo spiega molto serenamente, senza nessuna vena polemica:
“Quando hanno recuperato tutti i loro soldini, il prodotto torna totalmente a me”.

È un meccanismo standard, e all’inizio funzionava. Il rapporto con il publisher era buono, le cose procedevano, le piattaforme venivano gestite con ordine, gli aggiornamenti seguivano un ciclo sensato. Poi, lentamente, qualcosa ha iniziato a non allinearsi più. Non una frattura improvvisa, non un litigio plateale: semplicemente, esigenze diverse che emergevano da entrambe le parti.
Stefano la definisce quasi un “divorzio”, ma non nel senso conflittuale del termine. È più una separazione consapevole tra professionisti che si rendono conto di voler prendere strade diverse.
“È una storia molto complessa… ma l’editore si è comportato bene”.
Questa frase è importante perché delimita il tono: non è un racconto di recriminazioni, ma di transizione.
E così è iniziata la fase burocraticamente più pesante: cambiare loghi, aggiornare pagine di caricamento, riallineare gli store, chiarire chi gestisce cosa e quando. Soprattutto sulle piattaforme come PlayStation e Xbox, dove ogni minima modifica passa attraverso cicli di certificazione, controlli e approvazioni incrociate. Finché la situazione con il publisher non è del tutto definita, quelle piattaforme restano in sospeso.
Stefano lo dice senza troppi giri di parole:
“Non darò il green light per le altre piattaforme finché non è tutto chiaro. Preferisco farlo io”.
E questo non è un capriccio: è la logica di un artista che vuole evitare rilasci frettolosi o gestioni a metà.
In mezzo a tutto questo, c’è anche la parte più amara: per quanto un artista possa essere talentuoso, nulla lo prepara davvero al lato business dell’industria. È lui stesso ad ammetterlo, con una sincerità quasi disarmante:
“Essere artisti è una cosa, essere businessman è un’altra faccenda completamente diversa”.
Quello che per un creativo è flusso, slancio, istinto, per l’industria è contratti, percentuali, milestone, euro che devono quadrare. E non sempre questi due mondi riescono a danzare insieme.
Oggi la situazione è quella di una separazione tecnica in corso, con la calma di chi non vuole affrettare nulla solo per toglierselo dalla testa.
Stefano intanto porta avanti il gioco con la stessa dedizione di sempre, solo con una libertà diversa, più autonoma, più personale. Steam resta la piattaforma più semplice da gestire finché tutto il resto non si assesta. Le console aspettano.

È una storia matura, più adulta di quanto ci si aspetti. Niente vendette, niente porte sbattute.
Solo un rapporto professionale che ha fatto il suo corso e ora si sta chiudendo con rispetto. Un passaggio di consegne complesso, sì, ma anche un modo per riportare Cookie Cutter sotto il pieno controllo creativo di chi l’ha immaginato fin dall’inizio.
In attesa del prossimo face-to-face
Stefano ci lusinga sempre molto. Apprezza, ma soprattutto capisce il nostro lavoro. E noi lo amiamo anche per questo.
Sempre disponibile e ospitale — un giorno, magari, riusciremo anche ad andare a trovarlo di persona —, è già prontissimo per un nuovo incontro.
A noi piacerebbe molto assistere ad un bel match senza esclusione di colpi con il suo collega e amico Chris Darril, autore di Bye Sweet Carole, uscito il 9 ottobre di quest’anno.

Quindi chissà, magari nella prossima live avremo il piacere di allargare il gruppo e mettere a confronto due prodotti estremamente originali, dai forti tratti artistici.
Nel frattempo, vi consigliamo di recuperare anche la nostra prima live, realizzata ormai un anno fa, ma sempre valida e attuale per conoscere più a fondo Stefano e il suo mondo straordinario.
