DEAD CELLS è uno dei pilastri del sucesso dei Roguelite odierni

Visto che questi mesi sto scrivendo vari articoli su giochi Roguelite, ho pensato che vi avrebbe fatto piacere una panoramica di Dead Cells. Quel simpatico platformer roguelite nuova generazione sviluppato da Motion Twin nel 2018.

Questo ragazzone è stato una pietra d’angolo nella formazione di una nuova concezione del genere, nonché uno dei primi titoli indie di successo a guadagnare il nome di Roguelite.

Dead Cells - Animated trailer

GENERE

Visto che a quanto mi risulta ancora c’è confusione fra i due termini Roguelike e Roguelite, iniziamo col chiarire la differenza fra i due. Un Roguelike è un videogioco, solitamente in grafica ASCII, ispirato a Rogue, che a sua volta è ispirato a D&D. Un Roguelike presenta generazione casuale di livelli, stato di morte permanente (ovvero, una volta che il personaggio muore, è necessario giocarne uno nuovo, perdendo tutti i progressi compiuti), gameplay generalmente hardcore, controlli da tastiera, combattimento a turni e pieno accesso a tutte le meccaniche di gioco fin dalla prima run.

Un gioco Roguelite, d’altra parte, è un gioco che mutua alcune delle proprietà sopra descritte, ma le integra con elementi non tradizionalmente affini al genere, come ad esempio avviene con Slay The Spire (meccaniche di deckbuilding), Risk of Rain (grafiche, sbloccabili, uso del mouse) e Dead Cells, appunto.

DISSEZIONE

Ora che abbiamo stabilito il significato del termine, andiamo ad esplorare le meccaniche di Dead Cells e scopriamo quante e quali di queste si rifanno al modello roguelike, e quali sono invece esogene.

Per cominciare, il mondo di Dead Cells cambia di run in run, come se avesse vita propria. Livelli, nemici e oggetti appaiono in configurazioni diverse ogni volta, dettate da un algoritmo procedurale. Inoltre, le monete raccolte durante la run sono perse alla morte, così come gli oggetti equipaggiati, i livelli guadagnati e i bonus alle statistiche ricevuti. Il gameplay è decisamente hardcore, specialmente per i principianti, per quanto, essendo io un giornalista serio, non lo comparerò a Dark Souls. Questo tipo di professionalità è la ragione per cui leggete IndieGamesdevel e non Kotaku, signori miei.

D’altra parte, saltano all’occhio anche le scelte di design innovative del titolo: una valuta che persiste dopo la morte ,con la quale è possibile sbloccare nuovi contenuti (armi e upgrades), le rune, che introducono elementi Metroidvania nel gameplay, le chiavi che aprono le porte di nuovi biomi, e in generale, un numero di accorgimenti che rendono l’esperienza meno rigida e offrono un’indicazione del progresso compiuto.

GAMEPLAY

I livelli, per essere generati proceduralmente, risultano piuttosto originali e poco buggati (questo è il potere di un buon algoritmo). I nemici, di per sé abbastanza rigidi e prevedibili, acquisiscono una dimensione aggiuntiva quando sono inseriti all’interno dei vari dungeon in differenti formazioni. Ovviamente, non si possono combattere simili avversari a mani nude, e il Prigioniero senza nome ha la fortuna di avere accesso ad un arsenale ricchissimo di armi improvvisate.

Il nostro John Wick monoculare può equipaggiare scudi, armi da mischia e da tiro, che possono essere resi più efficaci usando delle pergamene. Le pergamene sono di fatto dei level up istantanei, che aumentano anche gli HP massimi del giocatore quando consumate.

Premesso ciò, il combattimento è pieno di meccaniche che sinergizzano fra loro in modi inaspettati e originali: parry con gli scudi, rotolate tattiche, combo fra un’arma e l’altra, schianti a terra, e vari status con cui creare uno stile di lotta tutto nostro. Poiché in Dead Cells il ritmo di gioco può diventare frenetico da un momento all’altro, ogni lotta ha il potenziale di essere un’esperienza epica ad un passo dalla morte, e usare una build con cui vi trovate a vostro agio fa la differenza.

Con la build giusta è possibile macinare un boss in un pugno di secondi. 

Fatelo. È un’esperienza estremamente gratificante. Suggerisco una balestra con il multi-tiro.

DESIGN

Il mondo di Dead Cells è accattivante e colorato, senza per questo risultare infantile. Per scoprire ogni zona ci vorranno ore di esplorazione, ma posso assicurarvi che tutto sarà meno che un ripetitivo grind.

I nemici hanno tutti qualcosa da offrire, e danno del loro meglio ciascuno in situazioni diverse. Un dislivello, una porta, un debuff possono cambiare completamente la faccia di un combattimento, e questo aumenta la longevità e la rigiocabilità del titolo.

La penalità comportata dalla morte e il mutamento procedurale dei livelli sono entrambi elegantemente integrati nella lore. Questa, nonostante il gioco abbia già quattro anni è tuttora punteggiata di mistero. 

Dead Cells

CONCLUSIONE

Premetto che non tocco il gioco da un po’, ma ho comunque deciso di scrivere un articolo a riguardo per via del suo ruolo nel riportare in auge il genere roguelike/roguelite che sta impazzando adesso negli anni ‘20.

Il punto forte di Dead Cells è la sua capacità di attribuire a meccaniche di gioco oramai vintage un aspetto e un feel marcatamente contemporaneo. Il design delle casse temporizzate, degli upgrade post-run, la rotolata e il parry, i poteri e i pattern d’attacco dei boss sono tutti d’ispirazione chiaramente recente, e danno un tocco di freschezza al gioco anziché togliere al loop principale.

La difficoltà di Dead Cells può essere un po’ proibitiva, specialmente per i Game Journalist (una battuta divertente che sottolinea uno stato preoccupante dell’industria di cui forse parleremo più in là), ma fortunatamente gli sviluppatori hanno pensato proprio a tutto e hanno creato gli Aspetti, che rendono le run meno ostiche. 

Quali boss ci sono? Come funzionano gli Aspetti? Come si sbloccano i biomi? Per queste e altre domande sentitevi liberi di consultare la Wiki di Dead Cells, o direttamente, acquistare il gioco e scoprirlo da soli. 

Il mio nome è Lorem Ipsum e sono il vostro game journo preferito. Estimatore di giochi indie, i miei punti di forza sono la grande varietà di giochi che ho sperimentato (dalla A di Autoclicker alla Z di ZPG), uniti alla mia estensiva conoscenza di game design e psicologia della percezione. Il mio punto debole è la mia sovrumana modestia, che talvolta finisce per mettere in ombra il mio genio.