Un gioco rivoluzionario, ma imperfetto, che segnò la caduta di Core Design e cambiò per sempre il destino di Lara Croft.

Alla fine degli anni ’90 e nei primi anni 2000, Lara Croft e Tomb Raider si imposero come autentici simboli di un’intera generazione nel panorama videoludico, simboli di un’evoluzione costante, sia sotto il profilo grafico che del gameplay, che rendeva ogni capitolo della saga un’esperienza sempre più coinvolgente. Lara, che incarnava alla perfezione il prototipo della protagonista forte, intelligente e carismatica—voluto dal suo creatore Toby Gard—divenne ben presto un’icona della cultura popolare dell’epoca. La sua figura venne immortalata in fumetti, come nel caso della sua collaborazione con Witchblade, e divenne protagonista di campagne pubblicitarie iconiche, da quelle per Lucozade a quelle per Seat Ibiza e Visa.
La sua influenza si estese ben oltre il mondo dei videogiochi, giungendo alla televisione con numerose citazioni e parodie, tra cui quelle ironiche nel programma Ciro con Sabrina Impacciatore. Non furono da meno anche i tributi musicali, con canzoni che le venivano dedicate. Nel 2001, Lara Croft approdò sul grande schermo con Lara Croft: Tomb Raider, interpretata da Angelina Jolie, con un discreto successo per l’epoca. Sebbene le premesse per un successo duraturo fossero ottime, qualcosa stava per cambiare… e non in meglio.
Lara Croft: da icona immortale a vittima del suo stesso successo
Il penultimo capitolo della saga classica per PS1 e PC, Tomb Raider: The Last Revelation, celava tra le sue pieghe un sottile ma evidente indizio delle difficoltà interne che affliggevano Core Design. L’ambiente di lavoro stava diventando sempre più soffocante: la pressione per rilasciare un nuovo capitolo ogni anno, unita alle enormi aspettative dei fan, trascinò il team in periodi di estremo crunch, con mesi di lavoro incessante che logorarono gli sviluppatori.
Questo stress alimentò una situazione paradossale: mentre il mondo intero adorava Lara Croft, una parte del team cominciò a nutrire un crescente fastidio nei suoi confronti. Da questa tensione nacque la controversa decisione narrativa di The Last Revelation, che vide la “morte” di Lara nel crollo di una piramide, un atto che segnò la fine delle consuete fughe spettacolari o del ritorno alla sua villa. Una scelta decisamente inusuale, che infrangeva una tradizione ben radicata nella saga.
La direzione di Core Design, tuttavia, non accolse favorevolmente questa svolta e cercò di rimediare con Tomb Raider: Chronicles, un capitolo in cui, attraverso i racconti dei suoi amici al funerale di Lara, si ripercorrevano alcune delle sue epiche avventure in tutto il mondo, da Roma a New York.
Nel frattempo, Core Design cominciò a progettare il futuro di Lara Croft, proiettandola nella next-gen dell’epoca: la potente PlayStation 2. Così nacque il progetto Tomb Raider Next, un titolo ambizioso, ma che avrebbe incontrato ben presto numerose difficoltà. La tempesta era in arrivo, lentamente ma inesorabilmente.


Da rivoluzionari intenti a un esito disastroso: l’ascesa e la caduta di Tomb Raider: The Angel of Darkness
La storia del videogioco ci insegna che, quando un progetto si spinge oltre i propri limiti senza una gestione adeguata, il rischio di fallire diventa concreto e, in alcuni casi, il declino della fiducia del pubblico può rivelarsi fatale, come nel caso emblematico di Cyberpunk 2077, del quale abbiamo ampiamente discusso in precedenza.
Il team di Core Design, fortemente entusiasta dell’idea di portare Tomb Raider su PS2, concepì un progetto che si preannunciava rivoluzionario, ambizioso e potenzialmente innovativo. Tra le principali innovazioni pensate:
- Un nuovo motore grafico in grado di supportare 60 fps;
- La possibilità di controllare due protagonisti giocabili, con l’introduzione del personaggio di Kurtis Trent;
- Un sistema di potenziamento delle abilità di Lara Croft;
- L’introduzione della stamina, per rendere l’arrampicata più realistica e impegnativa;
- Poteri psichici e armi uniche per Kurtis Trent, pensate per arricchire la formula di gameplay;
- Meccaniche stealth pensate per rivoluzionare le dinamiche di gioco;
- Missioni secondarie e scelte nei dialoghi, per ampliare le opzioni narrative;
- Una struttura episodica, da acquistare online, che si presentava come una novità assoluta per l’epoca.
Tuttavia, tali ambizioni si scontrarono presto con i limiti tecnici e la gestione caotica del team. Il progetto subì notevoli riduzioni, che portarono alla creazione di buchi narrativi e a sezioni di gioco estremamente frustranti, al limite dell’ingiocabilità.
Diversi elementi chiave furono eliminati, con gravi ripercussioni sulla qualità del prodotto finale:
- Un livello ambientato in un castello in Germania, cruciale per lo sviluppo della trama e per l’acquisizione di un’arma fondamentale;
- Una corposa sequenza iniziale che avrebbe spiegato come Lara fosse sopravvissuta al deserto, con importanti rivelazioni e l’introduzione di personaggi essenziali;
- La possibilità di utilizzare le doppie pistole di Lara, mostrate nei trailer promozionali;
- L’introduzione della lama di Kurtis, un elemento che avrebbe reso alcune sezioni di gioco significativamente più difficili e stimolanti.
Nel 2003, quando il gioco venne finalmente rilasciato, il risultato fu disastroso. La trama, oltre a presentare gravi incongruenze, era afflitta da numerosi problemi tecnici, comandi imprecisi e un gameplay che risultava tutto fuorché rifinito.


Cosa rappresenta Angel of Darkness?
Nonostante il suo innegabile fallimento commerciale e tecnico, Angel of Darkness si presentava come un progetto audace e ambizioso, destinato a innovare e a offrire una lettura più profonda del personaggio di Lara Croft, spingendolo verso una dimensione più oscura e matura. Con una gestione più oculata e una visione più chiara, il gioco avrebbe potuto rappresentare una svolta epocale per la saga, e potenzialmente per l’intero genere action-adventure.
Oggi, Angel of Darkness viene ricordato con sentimenti contrastanti: da un lato, è oggetto di disprezzo e critica per il suo stato tecnico disastroso, che ne ha compromesso gravemente l’esperienza di gioco; dall’altro, non pochi appassionati ne riconoscono il potenziale inespresso, consapevoli di quanto il titolo fosse in grado di offrire, seppur incompleto.
Purtroppo, né Crystal Dynamics né Square Enix hanno mai saputo valorizzare le idee più brillanti introdotte dal gioco, lasciando così un vuoto nell’arco narrativo della saga che, ad oggi, non è stato ancora colmato.
La recente remastered di Tomb Raider: The Angel of Darkness
Recentemente, Tomb Raider: The Angel of Darkness è stato oggetto di una riedizione rimasterizzata all’interno della raccolta Tomb Raider I–III Remastered, a cura di Aspyr. Questa nuova versione introduce alcuni miglioramenti tecnici e ripristina contenuti precedentemente tagliati dalla versione originale, tra cui:
- L’utilizzo effettivo della lama di Kurtis Trent
- Il completamento del livello ambientato a Parigi
- Una cutscene inedita che che approfondisce il passato di Lara in Egitto
Pur trattandosi di interventi contenuti, queste aggiunte rappresentano un primo, concreto passo verso una rivalutazione di Angel of Darkness, un titolo ambizioso ma segnato da numerose criticità. Sebbene non risolvano del tutto i limiti strutturali dell’opera originale, tali migliorie offrono l’occasione per riscoprire un capitolo controverso ma emblematico della saga, forse preludio a un futuro ritorno, finalmente all’altezza delle sue potenzialità inespresse.