Una demo sorprendentemente ricca che unisce meme culture, metroidvania classico e un’estetica surreale capace di ridere in faccia all’ansia
Entrare nella demo di This Is Fine: Maximum Cope (la nostra copertura precedente qui) significa addentrarsi in una rappresentazione ordinata ma inquieta della mente di Question Hound, dove ansie, ricordi e insicurezze assumono forma concreta e diventano parte integrante dell’esperienza di gioco. Non troviamo più la staticità del meme originale, né la sua rassegnazione passiva: qui tutto è movimento, trasformazione, interpretazione.
Question Hound non è più il cane seduto tra le fiamme, ma il protagonista attivo di un metroidvania solido e sorprendentemente curato, in cui ogni area riflette un aspetto specifico del suo mondo interiore. Le emozioni prendono corpo, gli ostacoli derivano da paure familiari, e persino le umiliazioni scolastiche diventano nemici concreti da affrontare per avanzare. Il risultato è un’esperienza che unisce design, atmosfera e introspezione con una coerenza rara nel panorama dei giochi nati da icone della cultura web.
È uno di quei casi in cui un’idea che sulla carta sembra folle funziona davvero. E la demo lo dimostra senza mezzi termini.

Un incubo adolescenziale da attraversare con molta caffeina
La demo ci catapulta nel mondo della Humiliation, uno dei cinque regni emotivi che compongono la mente collassante di Question Hound: Humiliation, Fear, Failure, Loss e Regret. Una geografia emotiva che ci catapulta in una dimensione psicologica in cui far mettere mano a un bravo terapeuta.
Visivamente è un colpo d’occhio impattante e memorabile: colori saturi, contorni morbidi, animazioni fluide e un livello di cura nel character design che rispecchia perfettamente lo stile di KC Green — che, ricordiamolo, non è solo “quello del meme”, ma un fumettista con una poetica visiva tutta sua, fatta di espressività cartoonesca e caos controllato.
Questa continuità non è un caso: Green ha messo le mani sul progetto fin dall’inizio, curando la direzione estetica, l’umorismo di fondo e persino parte dei dialoghi, come lui stesso racconta nell’intervista ufficiale. L’anima narrativa e comica del gioco è sua, ma lo studio turco Hero Concept (già autore di Doughlings) è riuscito ad adattarla al videogioco senza snaturarla.
Risultato: un mondo riconoscibile, surreale, credibile nella sua follia.

Platforming, puzzle, risate e traumi infantili: la demo è breve ma densissima
La prima cosa che sorprende è il ritmo. La demo ti butta immediatamente nel mezzo dell’azione senza tutorial pesanti, lasciando parlare level design e animazioni. Il platforming è pulito, reattivo, con una fisica morbida che strizza l’occhio ai platform retrò senza mai diventare troppo “scivolosa”.
E poi c’è l’elemento forse più brillante: i puzzle linguistici.
In uno di essi, per esempio, devi comporre una frase saltando letteralmente sulle parole corrette, come se stessi camminando dentro una vignetta scomposta. È un’idea che funziona sia come gimmick narrativa, sia come meccanica vera e propria. Ed è una trovata divertente e originale che non rompe il ritmo.
Il combattimento, invece, va dritto al punto.
Question Hound non è un eroe muscoloso: combatte a colpi di cappello, e il risultato è una sorta di slapstick cartoon che però mantiene leggibilità, timing e impatto. Gli attacchi funzionano, le hitbox sembrano precise, i nemici telegraphano bene i loro pattern. Non siamo davanti a Hollow Knight, ovviamente, ma la demo dimostra che l’obiettivo non è competere con i “metroidvania soulslike”, bensì dare un twist brillante a un genere che spesso si prende troppo sul serio.


La boss fight? Un delirio meraviglioso
Il confronto finale della demo è una cheerleader-ape-regina, incarnazione vivente dell’imbarazzo adolescenziale e delle gerarchie sociali del liceo.
La scena è un trip.
Il boss alterna attacchi quasi infiniti in stile “hit me if you can”, con proiettili improbabili come la perfida risata a lettere cubitali, facilmente schivabile ma comunque umiliante.
E grazie alla vittoria ottieni una nuova abilità: puoi schiacciarti e diventare minuscolo, alla maniera dei cartoon anni ’30. Una citazione al mondo di Max Fleischer che KC Green ha esplicitato nell’intervista, confermando che tutte le abilità sono gag animate con logica interna da cartoon. E funziona: è coerente, è simpatico e apre possibilità di backtracking interessanti.

Una colonna sonora precisa e accattivante
La musica è una delle cose che più mi hanno colpito in positivo. L’ho adorata.
Non solo accompagna bene il ritmo, ma dà identità all’intero mondo. Ha un’energia surreale, dissonante quando serve, ironica al punto giusto, e riesce persino a dare un tono emotivo nei momenti più cupi.
È uno di quei rari casi in cui senti che la colonna sonora non è messa lì “a caso”, ma costruita con intenzione. Non stupisce che The Living Tombstone abbia sostenuto il progetto fin dai tempi del Kickstarter — anche se la loro collaborazione più visibile riguarda un video musicale esterno al gioco, la visione sonora è chiaramente allineata.
La demo, in definitiva, suona bene tanto quanto si gioca bene.
Rest Point, Perk, Coffee Beans: tutto il metroidvania che ci piace
Una delle sorprese maggiori è la struttura metroidvania vera e propria, che non si limita a un backtracking blando ma costruisce un piccolo ecosistema di progressione.
- Rest Points. Salvano, curano e permettono di respirare. Sono anche l’occasione narrativa per fermarsi, bere un sorso di caffè e dirsi “tutto a posto” mentre il mondo brucia.
- Coffee Beans. La valuta del gioco. Si raccolgono esplorando e sconfiggendo i nemici. Spendibili per acquistare perk o ricaricare la curativa healing coffee cup. È un’idea che suona buffa ma è integrata bene nel gameplay.
- 27 Perk sbloccabili. Nella demo se ne intravede solo qualcuno, ma la schermata dedicata suggerisce un sistema più ricco e flessibile.
- 28 collezionabili. Anche qui, niente completismo fine a se stesso: i collezionabili sono piccoli frammenti dell’identità emotiva di Question Hound. Dettagli, citazioni, memorabilia interiori.
È indubbiamente un metroidvania leggero, ma affatto semplificato. Il lavoro sul ritmo e sulla struttura è già percepibile.



L’umorismo funziona perché parte dal dolore, non perché lo evita
Una cosa che mi ha colpita è la sincerità.
La demo è divertente, colorata, assurda, ma sotto c’è una ferita autentica. KC Green l’ha detto chiaramente:
“Il punto centrale di “this is fine” è ignorare i propri problemi e spingerli in fondo alla propria psiche”.
E questa idea permea tutta la demo.
Ogni nemico è una declinazione dell’ansia, della vergogna, dell’autocritica. Ogni livello è una trasfigurazione del trauma in forma di parco giochi fatiscente. Ogni dialogo tra l’Angelo e il Diavoletto sulle spalle di Question Hound è un commento sul nostro stesso modo di affrontare le cose.
E la cosa funziona perfettamente perché non è mai pesante, né pretenzioso e ancor meno moralista.
Riesce a ridere con te, non di te.

Vale la pena questa demo?
Sì, e pure tanto.
Tecnicamente è già solido: animazioni, hitbox, ritmo.
Le animazioni sono morbide, coerenti con lo stile, lette facilmente anche nelle fasi concitate; le hitbox precise di quanto mi aspettassi; il ritmo della demo calibrato bene: combat → piattaforme → puzzle → esplorazione → boss → scena di ricompensa.
La difficoltà è accessibile ma non banale.
In breve: è un gioco nato da un meme, ma cresciuto come un videogioco vero.
Il meme This Is Fine ha dominato internet per anni, diventando simbolo universale di rassegnazione quotidiana.
Maximum Cope gli fa fare l’unica cosa che nessuno aveva ancora osato: lo trasforma in un percorso di crescita.
In definitiva, la demo è brillante, curata, creativa, musicalmente deliziosa e ironica al punto giusto.
E, sinceramente, non vedo l’ora di giocare il resto: se il mondo della Humiliation è solo l’inizio, allora Fear, Failure, Loss e Regret promettono cose grosse.

Se volete provare demo: This is Fine: Maximum Cope pagina Steam.
