Il terrore che riesce a sfondare la quarta parete.
Layers of Fear (2023) è molto più di un semplice remake: rappresenta un tentativo ambizioso e dichiarato di offrire la “versione definitiva” di un progetto narrativo horror che ha lasciato il segno nel panorama videoludico degli ultimi anni. Pubblicato il 15 giugno 2023 per PC, PlayStation 5, Xbox Series X/S e macOS, Bloober Team (con il supporto tecnico di Anshar Studios) ci presenta un’antologia che rielabora, aggiorna e collega organicamente i precedenti capitoli della saga, integrandoli con due nuovi episodi inediti, The Final Note e The Writer. La mission dello studio polacco è quella di ripensare il senso complessivo dell’universo narrativo, offrendo una coesione che nelle versioni originali appariva più frammentaria. Il risultato è un’opera sofisticata, visivamente all’avanguardia e concettualmente ambiziosa. È un’esperienza sensoriale, emotiva e filosofica unica nel suo genere. Un punto d’incontro tra videogioco e arte, tra narrazione e suggestione.
Va detto fin da subito: Layers of Fear (2023) non è solo un gioco da “giocare”, è un’esperienza da vivere. È un’opera che aspira a riflessioni sulla psiche, sull’arte, sulla memoria e sull’ossessione. Non è pensata per offrire puro intrattenimento, bensì per evocare, insinuare, disturbare. Lo fa con ambienti trasformisti che cambiano sotto gli occhi del giocatore, con quadri che prendono vita, con suoni e voci che suggeriscono più di quanto mostrano. E soprattutto, lo fa raccontando le storie di artisti spezzati, intrappolati nelle proprie menti e nei propri ricordi, in una spirale di colpa e disperazione.


Bloober Team
Alla base del progetto c’è Bloober Team, uno studio polacco con sede a Cracovia, fondato nel 2008 da Piotr Babieno e Peter Bielatowicz. Il team è ormai noto per essersi ritagliato una nicchia molto specifica nel settore dell’horror psicologico, di forte impianto narrativo e stilisticamente ambizioso. Nonostante le difficoltà iniziali, lo studio ha guadagnato credibilità e notorietà grazie al lancio di Layers of Fear nel 2016, seguito poi da produzioni come Observer (2017), Blair Witch (2019) e The Medium (2021).
Con Layers of Fear (2023), il team ha trovato la consacrazione: un tono inquieto, onirico e spesso disturbante, che punta meno sull’orrore fatto di creature o combattimenti e più sull’indagine psicologica, sull’atmosfera e sull’esplorazione dell’inconscio. Non a caso, i titoli di Bloober Team sono stati spesso paragonati a esperienze cinematografiche, con richiami a Lynch, Kubrick e Cronenberg. La loro estetica è influenzata sia dal cinema che dalla letteratura gotica, e le meccaniche ludiche sono frequentemente ridotte all’essenziale, per lasciare spazio alla narrazione ambientale e sensoriale.
Nel corso degli anni, il team ha dimostrato una crescita costante in termini sia di ambizione sia di maturità tecnica, attirando l’attenzione di grandi publisher e investitori: nel 2021, infatti, Tencent ha acquisito una quota di minoranza dello studio, garantendo maggiore solidità finanziaria e margine di espansione. La svolta più significativa, però, è arrivata con l’annuncio ufficiale del remake di Silent Hill 2, in collaborazione con Konami. Questo colloca Bloober Team tra i pochi studi europei emergenti con un chiaro riconoscimento internazionale nel genere horror.
Una delle caratteristiche che ha sempre contraddistinto lo studio è il desiderio di raccontare storie personali e disturbanti, spesso ispirate da eventi reali, tematiche tabù o riflessioni sull’identità artistica. Il loro approccio ha generato divisioni tra pubblico e critica, ma ha comunque contribuito a posizionare lo studio come un punto di riferimento nel panorama horror contemporaneo, accanto a nomi come Red Barrels (Outlast) e Frictional Games (Amnesia, SOMA).
Per la realizzazione di Layers of Fear (2023), Bloober Team ha collaborato con un altro studio polacco: Anshar Studios, che ha contribuito su più fronti, dal level design alla rifinitura dell’esperienza audio, dalla gestione della transizione a UE5 all’ottimizzazione per console di nuova generazione.


Oltre una trama
Come anticipato, Layers of Fear (2023) non è una semplice riproposizione della trama dei giochi originali, ma una riformulazione totale della cornice narrativa, che ricollega e rilegge Layers of Fear (2016), il suo DLC Inheritance, Layers of Fear 2 (2019) e i nuovi capitoli esclusivi The Final Note e The Writer. Il gioco propone quindi un mosaico narrativo dove ogni episodio è un nodo di una rete più ampia: la creazione artistica come forma di dannazione psicologica.
Tutto si apre con The Writer, un nuovo personaggio inedito: una donna isolata in un faro, intenta a scrivere e rifinire il proprio manoscritto. Questo luogo, simbolicamente sospeso tra la terra e il mare, tra il reale e il surreale, funge da “filtro” metatestuale. Sarà la Scrittrice, battendo a macchina, colei che darà vita alle altre storie, ossia quella del Pittore e dell’Attrice.
Il primo episodio, quello principale, è The Painter, la storia già nota del pittore maledetto, artista geniale e disturbato, che torna nella sua villa vittoriana per completare il suo capolavoro. La casa è in decadenza, infestata da visioni oniriche, distorsioni architettoniche e simboli del trauma personale. Nel corso della narrazione, il giocatore scopre i segreti del suo passato: il rapporto burrascoso con la moglie musicista, la malattia della figlia, il declino della propria lucidità. Il protagonista precipita in una spirale di delirio, che si manifesta attraverso quadri che cambiano forma, stanze che si trasformano davanti agli occhi, e monologhi interiori sempre più inquietanti. Il DLC Inheritance viene integrato direttamente in questa sezione, offrendo uno scorcio degli eventi dal punto di vista della figlia ormai adulta, che torna nella villa paterna per affrontare i suoi ricordi e capire se può perdonare o meno le azioni del padre.
Il secondo episodio è The Actor, tratto da Layers of Fear 2, che ci catapulta su un transatlantico deserto. Qui il protagonista è un attore convocato da un regista enigmatico per un film misterioso. L’imbarcazione, labirintica e instabile, è un perfetto palcoscenico che fonde realtà e finzione. Il viaggio dell’attore diventa un’indagine identitaria: chi è davvero? Sta interpretando un ruolo o vivendo la propria storia? I temi della dualità, del controllo, del trauma infantile e della manipolazione mediatica emergono con forza, alternando momenti di introspezione a scene claustrofobiche cariche di tensione simbolica.




The Final Note, invece, è un’aggiunta completamente inedita rispetto ai titoli originali. In questa sezione, il giocatore stavolta veste i panni della moglie del Pittore. Questo ribalta parzialmente la percezione dell’intera vicenda: ciò che sembrava un ritratto di genio tormentato assume i contorni di un dramma familiare, fatto di incomprensioni, sofferenza silenziosa e deterioramento relazionale. Il capitolo arricchisce emotivamente la figura della moglie, spesso relegata al ruolo di presenza passiva o spettrale.
Arriviamo infine a The Writer, il capitolo finale, che tesse tutto il filo narrativo del gioco. Il faro si trasforma gradualmente da luogo di rifugio a teatro della verità, rivelando che l’autrice stessa è un personaggio immerso nei racconti che sta cercando di scrivere. Il giocatore è indotto a interrogarsi non solo sui personaggi, ma anche sulla natura stessa della narrazione: chi sta raccontando cosa, e perché?
La trama di Layers of Fear (2023) è pensata per essere “vissuta” più che “compresa” logicamente. In questo senso, si avvicina più a un’opera letteraria o teatrale che a una sceneggiatura lineare. Ogni segmento aggiunge un tassello alla comprensione complessiva, ma molte domande restano aperte, e numerosi eventi possono essere letti in più modi a seconda delle scelte del giocatore o delle interpretazioni personali.




Narrativa profonda e stimolante
La narrativa rappresenta uno degli aspetti più complessi e affascinanti del gioco, distinguendolo nettamente dalla maggior parte degli altri titoli horror sul mercato. Qui la storia non è raccontata in modo lineare o tradizionale: l’intento del team è quello di immergere il giocatore in un’esperienza metanarrativa che esplora il confine labile tra realtà e finzione, memoria e oblio, creazione e distruzione. Si tratta di un racconto che si costruisce a strati, coerente con il titolo stesso, dove ogni livello di narrazione si sovrappone e si intreccia agli altri, generando un effetto di profondità sia tematica che emotiva.
Il registro linguistico è evocativo e simbolico. I testi scritti che il giocatore raccoglie sono frammenti di un puzzle da decifrare, in cui ogni parola è intrisa di ambiguità e spesso si presta a molteplici interpretazioni. Questo metodo narrativo stimola il coinvolgimento attivo del giocatore, che diventa detective e interprete al tempo stesso, costretto a collegare indizi e a confrontare punti di vista discordanti.
Giocando ci addentreremo anche nei corridoi della memoria traumatica e della repressione, attraverso personaggi intrappolati nelle loro ossessioni, condizionati da eventi passati che si manifestano come visioni distorte e ambienti deformati. La casa del pittore vittoriano, il transatlantico isolato, il faro solitario: ogni ambientazione funziona come un’estensione psichica dei protagonisti, una protesi mentale che sfuma il confine tra realtà e immaginazione.
Un elemento narrativo distintivo è l’uso della metanarrazione: il gioco parla di se stesso, dell’atto del raccontare e della creazione artistica come processo doloroso e ossessivo. Il personaggio della Scrittrice non solo racconta la storia degli altri, ma riflette sul proprio ruolo come narratrice e sul potere trasformativo della parola scritta. Tutto ciò eleva Layers of Fear (2023) non più a semplice horror psicologico, ma a un prodotto che riflette sul medium stesso.
L’uso del simbolismo è onnipresente. I quadri, che nel primo capitolo sono al centro della trama, rappresentano non solo l’arte, ma anche la fissazione ossessiva del protagonista, la sua incapacità di accettare la realtà e il peso del senso di colpa. Le stanze che cambiano forma e dimensione sottolineano l’instabilità mentale e il processo di disgregazione psicologica. Nel segmento dell’Attore, i giochi di luci e ombre, le maschere e i riflessi evocano la dualità e la crisi di identità, mentre il faro, nella sezione della Scrittrice, simboleggia la ricerca di una luce guida in un mare di incertezze.
Narrativamente è un titolo volutamente non lineare e frammentato, in cui poter vivere i capitoli come racconti indipendenti, ma in cui solo unendo le esperienze si arriva a una comprensione più profonda e stratificata. Questa modalità può essere frustrante per chi cerca una storia semplice e lineare, ma premia invece il giocatore che si concede di abbandonarsi all’atmosfera e alle sensazioni. La progressione narrativa è scandita da momenti di silenzio, di isolamento, e da piccole “rivelazioni” che non danno risposte chiare ma invitano alla riflessione.
Anche la voce narrante, a tratti presente, assente o frammentata, è quella dei personaggi, con i loro monologhi e dialoghi ambigui, che contribuiscono a creare un senso di alienazione e straniamento. La narrazione non pretende di offrire una verità definitiva, ma lascia spazio al dubbio, al senso di inquietudine e alla soggettività.
Sarà il giocatore stesso a interpretare il finale.


Art design di altissimo livello
Ciò che subito stupisce, in Layers of Fear (2023), è senza dubbio il suo comparto tecnico, che rappresenta un deciso salto di qualità rispetto ai titoli precedenti della serie. Bloober Team ha scelto di affidarsi a Unreal Engine 5, per sfruttare a pieno le nuove tecnologie disponibili e offrire un’esperienza visiva di livello superiore. Scelta che si traduce in una resa grafica straordinariamente dettagliata e realistica, soprattutto nei modelli 3D, nell’illuminazione globale dinamica e nel rendering delle texture.
Il motore introduce due tecnologie chiave, Nanite e Lumen, che permettono rispettivamente un’enorme densità poligonale senza perdita di performance e un sistema di illuminazione globale completamente dinamico in tempo reale. Queste innovazioni consentono di creare ambienti estremamente immersivi, caratterizzati da atmosfere cupe e mutate costantemente sotto gli occhi del giocatore, mantenendo al contempo un frame rate fluido e stabile. Una gioia per gli occhi.
L’art design del gioco riflette una profonda cura artistica e un’ispirazione di matrice espressionista, ma anche surrealista e, a tratti, gotica. La scelta di ambientazioni ricche di dettagli decadenti, come la villa vittoriana del pittore o l’imbarcazione transatlantica abbandonata, contribuisce a creare un senso di inquietudine palpabile. Le texture sono spesso volutamente sgranate o deformate, specialmente nei momenti di discesa nella follia, per sottolineare lo stato mentale disturbato dei protagonisti.
Gli ambienti si trasformano continuamente: pareti che si allungano, quadri che si deformano, stanze che cambiano prospettiva.
I modelli dei personaggi sono rappresentati con uno stile realistico ma leggermente stilizzato, che esalta le espressioni emotive e la drammaticità delle situazioni. Particolare attenzione è stata data alle mani del protagonista, che sono il principale strumento di interazione con l’ambiente e diventano quasi un’estensione del corpo e della mente del giocatore.
Il ray tracing in tempo reale aggiunge un ulteriore livello di profondità visiva, con riflessi, ombre e illuminazioni morbide che contribuiscono a intensificare l’atmosfera oppressiva.
La resa dei materiali, dal legno scheggiato alle superfici metalliche ossidate, è di altissima qualità e si integra perfettamente con gli effetti di luce dinamica.
Per quanto riguarda la performance tecnica, il gioco è stato ottimizzato per le piattaforme di nuova generazione, con supporto nativo a risoluzioni 4K HDR e framerate a 60 fps.
Infine, l’interfaccia utente è minimale, lasciando tutto lo spazio alla visuale e alla narrazione visiva, evitando distrazioni e immergendo il giocatore nell’esperienza emotiva del racconto. Gli elementi di interazione sono ben evidenziati ma integrati in modo armonico, senza rompere l’atmosfera.


Sound design superiore
Alla pari di quello tecnico, anche il comparto sonoro rappresenta uno dei pilastri fondamentali dell’esperienza immersiva e inquietante offerta dal gioco, tanto da poter essere considerato quasi un personaggio a sé stante. Bloober Team ha puntato su un sound design estremamente curato e su una colonna sonora che non si limita a fare da accompagnamento, ma che amplifica e definisce l’atmosfera psicologica e narrativa del titolo, dirigendo le note dell’emozione e della tensione. Rumori ambientali, sussurri, echi distorti e suoni naturali vengono utilizzati per creare uno spazio uditivo denso di dettagli, capace di evocare la solitudine, la follia e l’incertezza. Il gioco fa ampio uso della spazializzazione audio 3D, permettendo ai suoni di muoversi nello spazio attorno al giocatore, generando un effetto di immersione che aumenta la suspense e il senso di minaccia latente. Camminare in una stanza e sentire un sussurro provenire da una porta chiusa o un fruscio improvviso dietro di sé contribuisce all’effetto pelle d’oca anche nei momenti di apparente calma.
La colonna sonora è composta da brani originali realizzati appositamente per il gioco, con una prevalenza di pezzi ambient, minimalisti e orchestrali, che si sviluppano lentamente, creando un senso di inquietudine crescente. I temi musicali variano a seconda della sezione e del personaggio, oscillando tra passaggi delicati e melodie disturbanti che sembrano quasi imitare il battito cardiaco o il respiro affannoso. La musica inoltre spesso anticipa eventi, suggerendo attraverso i suoni un senso di imminente pericolo o di disgregazione mentale. Particolarmente degno di nota è il modo in cui il comparto sonoro interagisce con l’ambiente e con le dinamiche di gioco. Non si tratta di effetti sonori semplici o ripetitivi, ma di un sistema dinamico che risponde alle azioni del giocatore e alle variazioni dello scenario. Ad esempio, camminare su superfici differenti genera suoni distinti, che si mescolano con echi lontani o con il fruscio del vento, creando una sensazione di realismo e coerenza spaziale. Inoltre, anche il silenzio diviene strumento di tensione: nelle pause più lunghe, l’assenza quasi totale di suoni amplifica la sensazione di isolamento e vulnerabilità, preparando il terreno per i momenti di terrore sonoro che seguono.
Questa gestione del ritmo audio è uno degli elementi che rende Layers of Fear (2023) così efficace ed immersivo.
Infine, tocco di classe sono le voci dei personaggi registrate da attori professionisti, che riescono a trasmettere un forte senso di emotività e vulnerabilità, passando da toni sommessi e malinconici a urla strazianti o bisbigli inquietanti.


Gameplay minimal e solido
Il gameplay rappresenta un’evoluzione raffinata rispetto ai capitoli precedenti, seppur basato sull’esplorazione, l’interazione narrativa e l’immersione sensoriale. Il nucleo si articola attorno a un sistema di esplorazione in prima persona, in cui il giocatore si muove liberamente all’interno di ambientazioni riccamente dettagliate e ricostruite con grande cura. La struttura dei livelli è volutamente labirintica e mutevole, riflettendo lo stato mentale instabile dei protagonisti. Le stanze e i corridoi possono modificarsi dinamicamente, creando illusioni ottiche e trasformazioni architettoniche che confondono il giocatore e aumentano il senso di disorientamento e claustrofobia.
Questa caratteristica rende l’esplorazione una sfida anche psicologica: non si tratta solo di trovare la strada, ma di interpretare segnali, simboli e variazioni spaziali per avanzare nella storia.
L’interazione con l’ambiente è ricca e varia. Il giocatore può raccogliere oggetti, leggere documenti, accendere o spegnere luci, aprire cassetti, osservare quadri e altri manufatti, tutti elementi che arricchiscono la narrazione e contribuiscono a svelare i retroscena. Il level design è studiato in modo da spingere il giocatore a osservare attentamente i dettagli, poiché molti indizi sono celati tra gli oggetti o nei cambiamenti ambientali.
Un altro elemento distintivo del gameplay è la presenza di puzzle ambientali, di media difficoltà, che richiedono logica e attenzione. Questi enigmi non interrompono mai il flusso narrativo, ma si integrano armoniosamente, spesso legati a simboli artistici, meccanismi o all’interazione con gli oggetti – il tutto mentre il giocatore è accompagnato da eventi inquietanti o apparizioni improvvise.
Come già detto, il gioco non prevede combattimenti o elementi di azione diretta; il pericolo e il senso di minaccia derivano interamente dalla narrazione e dall’ambiente, non da nemici visibili o da meccaniche di sopravvivenza tradizionali. Ciò sottolinea la natura psicologica del terrore, che nasce dall’incertezza e dall’ignoto, piuttosto che da un confronto fisico.
Un’interessante novità rispetto ai precedenti capitoli è la dinamica di scelta e ramificazione narrativa, anche se non particolarmente ampia. Alcune scelte nel modo di interagire con gli oggetti o nell’interpretare certi eventi possono influenzare la percezione degli avvenimenti o modificare lievemente la conclusione dei vari segmenti. Tuttavia, questa componente rimane marginale, poiché il focus è sulla storia e sull’atmosfera più che sul gameplay ramificato.
L’interfaccia utente è minimalista e non invasiva: il cursore appare solo quando necessario e gli elementi interattivi sono evidenziati con un leggero bagliore, per guidare il giocatore senza mai rompere l’immersione. Anche i comandi sono semplici e intuitivi, permettendo a chiunque di addentrarsi nel gioco senza difficoltà tecniche.
Dal punto di vista del ritmo, il team opta per una progressione lenta e meditativa, che lascia spazio a momenti di silenzio e riflessione alternati a sequenze di tensione crescente. Questo equilibrio permette di costruire un’atmosfera che si fa via via più oppressiva, senza mai ricorrere a jump scare eccessivi o gratuiti, ma puntando piuttosto su un senso di inquietudine persistente.
Un elemento particolarmente efficace è la modalità con cui il gioco sfrutta il feedback aptico (nelle versioni console di nuova generazione) e la gestione del controller, integrando lievi vibrazioni sincronizzate con suoni ambientali o cambiamenti nell’ambiente, aumentando così il coinvolgimento sensoriale.


Critica divisa
Layers of Fear (2023) si presenta come un titolo che ha diviso la critica e il pubblico, a causa delle sue scelte stilistiche e narrative fortemente marcate. Se da un lato viene lodato per la sua ambizione artistica e la qualità dell’atmosfera, dall’altro viene criticato per alcune carenze strutturali che possono limitare l’esperienza di gioco.
Uno degli aspetti più apprezzati dalla critica riguarda la capacità del gioco di costruire un’atmosfera densa e inquietante senza ricorrere a espedienti horror banali. La narrazione psicologica, la metanarrazione e la stratificazione tematica vengono viste come un tentativo riuscito di elevare il medium videoludico, portandolo su un piano più riflessivo e intellettuale. Molti recensori hanno sottolineato come il gioco riesca a coinvolgere emotivamente il giocatore, creando un senso di disagio persistente e una tensione che si sviluppa gradualmente, rendendo il terrore più sottile e duraturo rispetto ai titoli horror tradizionali.
Dal punto di vista tecnico, la valutazione è positiva, con elogi per la qualità grafica, il design degli ambienti e la cura dei dettagli. La resa artistica e il comparto sonoro sono elementi chiave che contribuiscono a creare un’esperienza immersiva e coinvolgente. L’uso di luci dinamiche, riflessi e animazioni fluide è stato considerato un passo avanti rispetto ai capitoli precedenti.
Tuttavia, diverse critiche sono emerse riguardo al gameplay, ritenuto da alcuni troppo lento e privo di sfida. L’assenza di combattimento e la mancanza di meccaniche più varie hanno portato alcuni giocatori a percepire il gioco come un’esperienza troppo passiva, più simile a una “walking simulator” che a un vero e proprio gioco horror interattivo. La struttura narrativa non lineare e frammentata, pur apprezzata da chi ama le trame complesse, può risultare dispersiva e poco accessibile per chi preferisce una storia più diretta e comprensibile.
Layers of Fear
PRO
- Atmosfera psicologica profonda e coinvolgente, eccellente nel creare un ambiente denso di tensione e inquietudine, grazie a un sound design magistrale, una grafica curata e un’ambientazione che riflette perfettamente la frammentazione mentale dei personaggi;
- Narrazione innovativa, non lineare e frammentata, che stimola la riflessione e l’interpretazione personale;
- Sound design di alto livello, uno degli aspetti più riusciti, con musiche originali che modulano la tensione e rumori ambientali, aumentando la sensazione di isolamento e disagio;
- Art design impressionante, con un livello di dettaglio e realismo elevato, con ambienti che sembrano vivi e in continuo mutamento;
- Esperienza totalizzante, capace di stimolare tutti i sensi del giocatore in modo profondo e continuo.
CON
- Gameplay minimalista, che può rendere il gioco monotono per chi preferisce un’esperienza più attiva e diversificata;
- Narrativa non lineare, che può risultare ostica e poco chiara a tratti, generando un senso di confusione generale nel giocatore, rischiando il suo coinvolgimento.