Contesto distopico, sopravvivenza brutale e il karma… Jawbreaker mette sul piatto molti elementi interessanti.
Jawbreaker è un survival horror e stealth in arrivo alla fine del 2023, che si svolge dopo un crollo economico negli Stati Uniti. È un videogioco in prima persona, single player, dalle atmosfere disturbanti, in cui personalmente ho notato degli interessanti riferimenti.
Ma prima di tutto parliamo del gioco e del suo sviluppatore, Vincent Lade.
Che succede in Jawbreaker?
Già dal nome del gioco, si capisce che i temi e la grafica non saranno per stomaci deboli, infatti ci troviamo di fronte ad uno scenario apocalittico, fatto di sopravvivenza estrema, con tanto di minaccia da parte di nemici che sembrano piuttosto pericolosi.
Il “Grande Collasso Economico del 2028”, avvenuto negli Stati Uniti, seguito dal misterioso “Risveglio”, ha portato la popolazione a trovarsi in condizioni di sopravvivenza estrema, in cui, come spesso accade, a vincere è il più forte, sia fisicamente che mentalmente.
Gruppi di persone armate offrono protezione e al contempo vanno alla costante ricerca di provviste e di territorio. Il protagonista della nostra storia, quello che noi giocatori impersoneremo, essendo in prima persona, un tempo era un insegnante, mentre ora fa parte di una piccola gang a New Citadel City. Il bunker di questa gang scarseggia in risorse e provviste, dunque il nostro povero ex insegnante parte in missione.
Coloro che hanno giocato la demo disponibile su Steam, sanno che la parte di gioco che si può provare è un pezzo di storia collocata in un arco narrativo compreso tra l’introduzione e quello che verrà dopo.
Dunque iniziamo la nostra avventura alla ricerca di risorse, arrivando ad una stazione di polizia abbandonata, diventata ormai il covo di una gang di assassini psicopatici, che indossano maschere inquietanti e iniziano a giocare al gatto e il topo, costringendo il nostro insegnante ad armarsi fino ai denti, facendo anche attenzione alle trappole.
Se questo è l’inizio, ho timore di sapere cosa accadrà dopo. In realtà, sono molto curiosa. Jawbreaker ha tutte le carte in regola per diventare un horror interessante.
Prima di arrivare alle conclusioni personali, vorrei spendere due parole su chi sta lavorando a questo promettente titolo.
Chi c’è dietro Jawbreaker?
Vincent Lade è uno sviluppatore di giochi indipendenti, creatore di Witching Hour, Harthorn, The Swine e della serie Deathbloom.
Scrive, progetta e codifica videogiochi dal 2018, tutti basati su brevi storie dell’orrore che ha scritto in passato.
Nella presentazione del suo sito web dice: “Il processo di conversione di ciascuna di queste storie scritte in videogiochi interattivi è stata una delle mie più grandi (e più lunghe) passioni.”
Insomma, Vincent è prima di tutto un narratore, motivo per cui tra i suoi titoli ci sono storie con diversi temi, alcuni simili, in cui però la scrittura è importante.
“Qualsiasi storia tu scelga, spero che ti diverta e che non veda l’ora di scoprire cosa farò dopo.”
Ci puoi contare, Vincent.
Cos’è Jawbreaker?
A primo impatto sono due i titoli che mi vengono in mente: Silent Hill e Resident Evil. Quest’ultimo è una dichiarata fonte di ispirazione.
Oltre a questa, le altre sono state: Outlast, per le atmosfere oppressive, e Alien Isolation per il gameplay, ovvero una combinazione di fasi stealth con quelle di combattimento. Di Resident Evil ha per lo più la parte relativa ai puzzle e a com’è organizzato l’inventario.
Ma ci sono altri riferimenti che personalmente mi vengono in mente.
Il primo è la serie di film La Notte del Giudizio, in cui accade una vicenda molto simile, anche se nel caso dei film, la lotta alla sopravvivenza avviene una volta all’anno e ha una durata precisa. Oltre a questo aspetto, c’è anche il senso di terrore all’idea che la vita altrui abbia così poco valore e che chiunque può diventare un assassino.
Tornando al settore dei videogiochi, un altro titolo le cui atmosfere sono secondo me simili è Here They Lie. Quest’ultimo è in VR e spero che Vincent prenda in considerazione la possibilità di un aggiornamento, anche successivo all’uscita ufficiale, con la versione VR.
Per chi ha presente Here They Lie, può forse capire questo paragone. Mi riferisco al senso di vulnerabilità che a tratti si prova, anche se in Jawbreaker possiamo provare a difenderci.
Cosa c’è in Jawbreaker?
La volontà di fare le cose per bene. C’è una discreta cura dei dettagli che va sicuramente un po’ migliorata, mi riferisco in particolar modo alle texture, ma sostanzialmente, a livello tecnico è un buon prodotto.
Tuttavia le carte in tavola sono molte:
Ha una bella grafica, un po’ da migliorare, ma con la giusta atmosfera.
È un gioco in cui abbiamo sia la componente stealth che combat. Nella modalità stealth si fanno le cose standard, quindi nascondersi un po’ ovunque, stare bassi, sbirciare dietro gli angoli, usare strumenti come il radar portatile e lanciare oggetti per distrarre i nemici. Nella modalità combattimento avremo a disposizione anche le armi, ma non sempre conviene usarle, se non si vuole attirare l’attenzione (vd. The Last of Us).
L’ambiente interattivo è fatto in modo da incoraggiare il saccheggio dei rifornimenti, scegliendo bene quali tenere e quali abbandonare, per mancanza di spazio nell’inventario.
Ci sono più finali, il che significa che la nostra storia sarà caratterizzata dalle conseguenze delle nostre azioni, ma soprattutto scopriremo se siamo o meno dei sopravvissuti.
C’è sicuramente della morale in tutto ciò, ma scommetto che si tratta di una morale positiva. L’autore vuole spingere il giocatore a farsi delle domande, anche serie. Tematiche come quella della sopravvivenza in un mondo ostile sono sempre molto potenti.