Ragazzo, sei pronto, finalmente!
GOW Ragnarok è uscito da più di un mese, ma mi sono presa del tempo per riflettere e fare il punto su ciò che mi ha trasmesso a livello di narrativa.
Avevo delle aspettative molto alte e ne ho parlato in questo articolo. L’entusiasmo mi ha fatto volare sin dal primo trailer e dopo più di un’ora di gioco stavo ancora volando.
Ma veniamo al succo della questione.
In questo articolo ho intenzione di mettere giù una serie di riflessioni e considerazioni sulla narrativa, senza scendere nei dettagli relativi al gameplay o alla grafica.
Vi avverto di due cose importanti (anzi tre): questo articolo è pieno di spoiler, se non avete giocato GOW Ragnarok e GOW del 2018, vi consiglio di tornare a leggerlo quando li avrete giocati; se invece lo avete giocato fino in fondo o non temete spoiler, benvenuti e buona lettura.
Seconda cosa: non tratterò aspetti tecnici, ma solo la storia e tutte le riflessioni che ne sono scaturite.
Ultima cosa: sarà un articolo più lungo del solito.
I temi principali su cui ho avuto modo di ragionare dopo aver giocato questo titolo sono: i rapporti umani (famiglia e amicizia) la vendetta e la guerra.
LA FAMIGLIA
Lupo solitario o lupo da branco?
Eravamo abituati ad accompagnare Kratos nelle sue avventure in solitaria. Privato dei propri cari, a partire dal fratello, incattivito e respingente, procedeva da solo, indipendente e quasi spoglio di umanità.
Nel 2018, però, abbiamo fatto i conti, insieme a lui, con l’introduzione di un’importante figura: il figlio Atreus, che ha iniziato a condividere con il nostro eroe i suoi viaggi. E non dimentichiamoci di Mimir, il quale si è unito ai due poco dopo.
Dunque, da lupo solitario, Kratos è sceso a patti e ha iniziato a condividere dapprima i suoi spazi, poi i suoi pensieri, con queste due nuove figure.
E sebbene Kratos e Atreus costituiscano a tutti gli effetti una famiglia, è con questo nuovo capitolo che il concetto di famiglia si fa preponderante.
Nuove figure si uniscono fino a formare un vero e proprio gruppo di persone, che da semplici amici, diventano dei familiari, che vivono nella stessa casa e si comportano di conseguenza.
Le dinamiche che si svolgono sono quelle di una tipica famiglia: ci sono i momenti dei pasti, gli scherzi e le risate, poi i litigi e le conseguenti chiacchierate riparatrici, spesso a carico dell’amico più prossimo che, in qualità di fratello, ormai, porta il soggetto di turno al ragionamento.
Anche se questi aspetti sono, appunto, riconducibili a quelli di una qualsiasi famiglia, si tratta pur sempre di una famiglia atipica.
E qui esce fuori uno di quei messaggi che ho particolarmente apprezzato: GOW Ragnarok ci insegna che una famiglia si forma grazie ai rapporti profondi costruiti con le esperienze, la convivenza e i problemi condivisi da dover risolvere insieme, non necessariamente dalla linea di sangue.
Ma tutto ciò non basta, perché, come in qualsiasi famiglia, il dolore della perdita porta quasi sempre sul baratro, ed ecco che avviene la disgregazione e ognuno va per la sua strada, per poi ritrovarsi, dopo lungo tempo, cambiati, tanto da non riconoscersi e da dimenticare i torti e le incomprensioni. In GOW Ragnarok non sappiamo se ciò accadrà, lo possiamo solo dedurre.
– KRATOS E ATREUS
I nostri eroi, che ora sono due, dato che potremo giocare anche con Atreus, (non più una semplice spalla, ma un personaggio a sé stante) hanno un rapporto solido e in parte anche piuttosto sano.
Ma vediamolo più nel dettaglio.
Abbiamo un uomo vedovo (per la seconda volta) e un ragazzo, suo figlio, in piena fase adolescenziale. Nel GOW del 2018 non c’era spazio per approfondire certi temi, perché la Santa Monica doveva mettere in piedi l’intera struttura: farci entrare nel mondo nuovo, presentarci nuovi personaggi, farci abituare a questo nuovo Kratos, così diverso, ma così dannatamente efficace.
Nel GOW precedente, Atreus è ancora un bambino. Tempesta suo padre di domande, a cui lui risponde quasi sempre “Non lo so!”, oppure lo zittisce direttamente. Kratos porta ancora con sé alcune delle sue connotazioni più riconoscibili: la poca pazienza e l’aggressività.
Il figlio ha già quasi del tutto spento quest’ultima, e con GOW Ragnarok, scopriamo che anche Faye ha ben contribuito a ciò – be’, suppongo di non essere l’unica ad averlo capito già dal 2018 -, dunque Kratos rimprovera spesso il ragazzino, non gli dà molto spazio, e se lo fa, scandisce in maniera molto oculata e parsimoniosa queste concessioni, di fiducia e di affetto.
Tuttavia, nei momenti critici, quando persino il giocatore sente l’impulso di voler mettere le mani addosso al moccioso – chi non ha provato a prenderlo a calci, alzi la mano -, Kratos ci spiazza e usa una pacatezza e una moderazione che non pensavamo avesse, per gestire i comportamenti discutibili del figlio.
Si è portati a pensare che forse Kratos abbia tutta questa pazienza perché Atreus è ancora piccolo. D’altronde, sappiamo che con i bambini, a volte, anche il Kratos più giovane ci sapeva fare ed era molto affettuoso (mi riferisco alla figlia, Calliope, e a Pandora).
Atreus, però, ora non è più un bambino, è un ragazzo, eppure l’atteggiamento del padre è il medesimo: un po’ ottuso e ostico, ma estremamente premuroso e protettivo, anzi, persino più di prima, perché ora sa di poter contare sul figlio, ha cresciuto il suo piccolo soldatino personale, che gli risponde sempre “Signorsì”.
È il suo bene più prezioso, conta più della sua vita, ed è ciò che prova e che fa qualsiasi genitore che si rispetti.
Perché tutto sommato, Kratos è sempre stato profondamente umano, ed è l’aspetto che ha funzionato sin da subito nel suo personaggio. Kratos è un dio, ma come tutte le divinità del Pantheon, è pieno di difetti e peculiarità tipiche dell’essere umano.
Dunque è rabbioso, vendicativo, privo di scrupoli, un po’ perché lo hanno educato così, un po’ perché gli hanno tolto tutto ciò che amava. E cosa fa una persona quando viene privata di tutto ciò che conta? Perde interesse per la vita stessa, la sua, in primis, ma anche quella degli altri. Niente ha più valore, non può averlo. Dare valore a qualcosa comporta dolore, e una persona ancora troppo giovane per elaborare ed accettare il dolore, semplicemente lo rifiuta.
Kratos, sin dall’inizio, esorta il figlio a “chiudere il suo cuore”, allontanare le emozioni, l’empatia, ma soprattutto il dolore. Atreus ci prova, ma non ci riesce mai davvero, ed è proprio quando Kratos capisce che chiudere il cuore non è la soluzione, anche grazie al precedente contributo di Faye e al suo successivo ricordo, che arriva a vedere il figlio come un adulto e accetta di imparare l’uno dall’altro e non solo fungere da guida e da “generale”.
Il rapporto tra i due può sembrare turbolento a tratti, soprattutto quando entrambi si ostinano a voler salvare la vita dell’altro, e a seguito di ciò, affrontano screzi, incomprensioni e veri e propri litigi.
Kratos: “Sei mio figlio.”
Kratos non accetta di separarsi dal figlio, proprio ora che ha ritrovato la sua umanità grazie a lui. Atreus, dal canto suo, sente l’urgenza di crescere e di farlo in autonomia.
Solo alla fine capiranno che sono necessari l’uno all’altro ma non indispensabili. L’uomo può ricevere affetto anche da altri e darlo di conseguenza, e il ragazzo si sente finalmente maturo per proseguire il suo viaggio da solo.
– ODINO E THOR
Gli Aesir sono una famiglia disfunzionale e su questo non ci piove, ma sia Odino che Thor si presentano sin da subito come figure carismatiche ed estremamente affascinanti.
Thor ci viene dipinto come un soggetto abile nella battaglia e nient’altro, ed è proprio il padre a ritenere che sia così. Il trattamento che Odino riserva al figlio è a tratti avvilente, soprattutto perché alla lunga arriviamo a capire quanto il Dio del Tuono sia in realtà capace di amare e farsi amare, e comprendere, al di là dei suoi stessi limiti.
Odino tratta Thor non solo con durezza, ma con disprezzo, e questo ha fatto sì che Thor si comportasse allo stesso modo con i suoi figli maschi, Magni e Modi, entrambi uccisi da Kratos e Atreus.
Motivo per cui sarebbe stato lecito da parte sua esserne risentito, ma esclusi i momenti iniziali, in cui si presenta in veste di vendicatore (e solo a fronte di un possibile rifiuto all’offerta che Odino propone ai nostri eroi), successivamente lo vedremo non solo collaborativo, ma persino amichevole.
Certo, stiamo parlando di un uomo distrutto dall’interno, la cui autostima è ridotta ai minimi termini, soggiogato dal cinismo crudele di un padre che, altresì, sa comportarsi con la massima diplomazia, ma non con lui.
Questo lo ha reso poco incline alla dolcezza e al comportamento civile, che però riserva senza la minima esitazione, alla moglie Sif e alla figlia Thrùd.
Odino è un affabile stratega senza scrupoli e, se si può dire, senza cuore. Il suo unico interesse è quello di accrescere sé stesso e perseguire i suoi scopi personali, cosa che lo accomuna ad Atreus, con cui, forse riesce davvero ad instaurare un rapporto quasi autentico.
Loki (Atreus) è per Odino il figlio che Thor non sarà mai, e forse è proprio il rifiuto da parte del Padre di Tutti ai danni del suo figlio biologico, ad aprire gli occhi al giovane Loki, che finalmente capisce che arrivare alla conoscenza, per quanto sia uno scopo nobile e importante, non può implicare l’annullamento di ogni affetto e la sopraffazione di chiunque si interponga.
L’AMICIZIA
In questo titolo nascono, si ricreano e muoiono diverse amicizie, e credo che sia questo il tema più importante, forse più di quello della famiglia.
– ATREUS E SINDRI
Atreus è un adolescente e inizia ad avere i bisogni che qualsiasi ragazzo della sua età nutre. Ha la necessità di esplorare, di ampliare le sue conoscenze, ma più di tutto, ha la necessità di avere degli amici.
La prima vera amicizia di Atreus, costruita durante il periodo antecedente a quello che noi iniziamo a giocare, è quella con Sindri.
Sindri è l’amico che ti regge il gioco per non far scoprire al tuo vecchio le scappatelle che il prurito adolescenziale ti porta a fare, e facendo questo, rischi di mettere nei guai anche il tuo fedele compagno di scorribande.
Tuttavia, il fatto ci viene presentato soprattutto sotto un’altra luce: in realtà, le fughe segrete di Atreus sono il risultato della sua sete di conoscenza e della volontà di risolvere problemi più grandi.
Ma è davvero così, oppure è il contrario? Forse, dietro la facciata della giusta causa, si nascondono, banalmente, un capriccio ancora un po’ infantile e la supponenza di credere di poter essere abbastanza grande da fare le proprie scelte, contrarie alla volontà paterna, quasi per partito preso e non così utili, dopo tutto.
Atreus fa sorgere continuamente dubbi e domande e sarà proprio Sindri ad evidenziare questo suo aspetto enigmatico e ambivalente, quando, colmo di dolore per il tragico evento che segna i nostri personaggi – e anche noi – dirà cose che solo apparentemente sembrano un po’ ingiuste, addossando proprio al suo giovane amico tutta la colpa di ciò che è accaduto.
– KRATOS E BROK
Ci sono dei momenti davvero toccanti in questo gioco e quasi tutti sono dovuti a Brok e al suo arco narrativo.
Ho già avvertito in merito agli spoiler, dunque, chiunque sia giunto fin qui con la lettura, sa che la Santa Monica ha deciso di sacrificare proprio questo personaggio, forse per salvare Kratos, che tutti davamo un po’ per spacciato, a seguito della profezia, che poi si rivelerà essere diversa da come era stata interpretata.
Vuoi perché è il suo canto del cigno, vuoi perché è comunque stato scritto bene sin dall’inizio, in questo capitolo Brok risulta se non il più, tra i più interessanti e bei personaggi della storia.
Dal carattere esuberante e passionale, Brok è un buono, forse il più buono di tutti. Un personaggio autentico e sincero, che preferisce dire le cose in faccia ma che ha la giusta sensibilità di capire quando è il caso di tacere.
Sempre disponibile e, tanto quanto il fratello, un vero problem solver, Brok è indubbiamente colui che più di tutti è riuscito ad entrare nel cuore di Kratos, conquistando il suo rispetto, la sua fiducia e, infine, il suo affetto.
Credo che sia la prima volta che Kratos si riferisca a qualcuno definendolo “amico” e, ammettiamolo, il momento in cui lo fa è decisamente commovente, soprattutto perché nessuno ancora sa, né tanto meno immagina, che da lì a poco Odino toglierà la vita al nostro geniale fabbro blu.
God of War non ha quasi più niente dei suoi antecedenti ed è giusto chiedersi se questo sia un bene o un male.
Nei titoli precedenti c’era la famiglia come tormento costante, rappresentativa del rimorso, e i rapporti di fiducia sempre funzionali a scopi più alti, mai del tutto disinteressati.
Ora siamo su un livello più umano, più contemporaneo. C’è tanta storia, ma solo nella scenografia. È tutto sovrapponibile alle dinamiche attuali. L’individuo che sente il bisogno di autodeterminarsi ma che deve necessariamente vivere in branco, per sopravvivere e non solo, per vivere dignitosamente. Il senso di calore e di rassicurazione che si prova nei momenti di convivialità sono distrutti in malo modo, e di conseguenza restiamo con l’amaro in bocca.
LA VENDETTA
Santa Monica prova a chiudere il cerchio, riportando in auge il tema della vendetta, il motore che sin dall’inizio ha dato vita alle dinamiche narrative di GOW.
Solo il titolo del 2018 fa eccezione, dove, per quasi l’intera durata del gioco, non c’è spazio per la vendetta. Nella conclusione, però, ecco che si presentano le avvisaglie e si semina nuovamente il tema: la vendetta di Baldur ai danni di sua madre e la vendetta promessa da quest’ultima ai danni di Kratos.
Ma Kratos e Atreus fanno un voto: loro saranno migliori e abbandoneranno la via della vendetta.
– KRATOS E FREYA
Freya non ha digerito la morte del figlio per mano di Kratos. Ha giurato vendetta e ce la mette tutta per fare agguati e tentare aggressioni ai danni di padre e figlio.
Loro sopportano mestamente questo “fastidio”, limitandosi a sfuggire ai suoi attacchi o a difendersi, senza mai rispondere con violenza.
Sembra impossibile risolvere la questione, ma quando subentrano necessità o scopi più alti, ecco che i dissapori possono essere ridimensionati.
Ci prova per primo Atreus, a coinvolgere Freya nella lotta contro Odino, ritenuto una minaccia per tutti i regni, ma senza risultato.
Kratos, invece, avendo qualcosa da offrire in cambio, giunge ad un compromesso con questa madre che non si dà pace e che vorrebbe uccidere l’uomo che le ha portato via il figlio.
Il viaggio che Kratos e Freya compiono insieme non solo è di riconciliazione, ma anche rivelatore di se stessi. Confrontandosi tra loro sull’essere genitori, capiscono i loro sbagli e arrivano ad un punto di svolta, che culmina con una quasi clamorosa riappacificazione.
Kratos realizza come si deve comportare con Atreus, capendo di dovergli concedere i suoi spazi e soprattutto di dovergli dare fiducia, mentre Freya impara a perdonare, Kratos, innanzitutto, suo fratello Freyr e infine, cosa più importante, se stessa.
Arriva persino a risparmiare Odino, colui verso il quale nutre il rancore maggiore.
– TUTTI CONTRO ODINO E ODINO CONTRO TUTTI
C’è un momento in cui davvero ci si chiede: ma chi è il cattivo?
Di solito, è tutto un po’ relativo, e sembrerebbe questo il caso, ma poi Odino fa delle cose… Insomma, imperdonabili.
Per quel che mi riguarda, la cosa peggiore è l’assassinio del suo stesso figlio, ma tanto, ormai, già lo odiavano tutti, quindi…
Tuttavia, ci si chiede se ad Asgard non stiano meglio perché seguono il path del Padre di Tutti, fino a che, questo simpatico e distinto uomo politico, non decide che tutto sommato il governo non fa per lui, e che contano di più gli affari personali (ma davvero molto personali) che quelli della società, di cui, in teoria, sarebbe responsabile.
E non parliamo solo di Asgard, perché Svartalfheim, Vanheim e così via, sono tutte sotto il suo cappio, e non ne possono più. Forse perché è assente, più che altro.
È un dio (un Padre) assente, narcisista, distratto.
Se c’è una cosa che non si può perdonare ad un dio è la sua assenza. Meglio vendicativo che menefreghista.
E poi ci sono tutti i trascorsi… Sono in tanti a volergli fare la pelle, vecchi e nuovi.
Odino, dal canto suo, un po’ se ne infischia, un po’ è convinto che può metterseli tutti sulle ginocchia.
Sta di fatto, che è proprio lui l’incarnazione del concetto stesso di vendetta.
E se persino Sindri, alla fine cede al richiamo di questo sentimento tanto presente quanto combattuto, abbiamo la misura di quanto Odino sia imperdonabile.
In tutto ciò, è bene sottolineare che Padre e Figlio mantengono i loro propositi e rispettano tutte le promesse che si sono fatti. Vogliono un applauso, per caso?
Odino perde miseramente la sua battaglia contro l’universo. Voleva solo essere lasciato in pace, sfruttando chi di dovere per i suoi scopi personali.
È un uomo che ha solo sbagliato mestiere.
LA GUERRA
Escluso il fatto che sembra più un campeggio che una preparazione alla guerra, si sente davvero tanto la tensione del momento.
Il Ragnarok era evitabile? A quanto pare, no, perché Brok va vendicato. Si poteva passare sopra a tutto il resto, ma se tocchi la famiglia…
Evitando elucubrazioni sul destino e sulla possibilità di plasmarlo a proprio uso e consumo (specie se si scopre di che si tratta), la guerra si fa, c’è, dunque, è il momento di prepararsi.
Ragazzo, sei pronto?
Il ragazzo è pronto ma con riserva. Il momento in cui chiede a suo padre di poter dormire con lui è l’ultimo step che lo separa dall’infanzia: “l’ultima notte in cui posso sentirmi al sicuro, dopo di che, sarò solo.”
Fin qui tutto bene, tutto perfetto. C’è tensione (tanta tensione), anche se sembra di stare ad un campeggio di boy scout o ad un raduno di vecchie conoscenze. Lo ribadisco: c’è davvero tanta tensione. In questo sono stati magistrali.
Eppure ecco il mio disappunto: il Ragnarok, la fine di tutto, la guerra (che è solo l’incipit del tutto) è messo in scena con una velocità che lascia confusi.
Magari è questo l’effetto della guerra? Dopo un’esperienza del genere si tende a dimenticare l’accaduto al punto che tutto risulta frettoloso, approssimativo e, in questo caso, poco incisivo? Dunque, se la si deve rappresentare in maniera realistica, piuttosto che essere descrittiva, meglio che parlino le emozioni?
Non lo so, sto ancora riflettendo su questo.
Ogni volta che penso che Santa Monica abbia toppato (in questo gioco), poi visualizzo e capisco il perché di certe scelte. Sarò condizionata? Forse, ma non più di tanto.
Sto cercando il pelo sull’uovo, perché la mia stima e il mio amore nei loro confronti sono incondizionati, ma allo stesso tempo ho uno spirito fortemente critico.
Anche in questo frangente, il tema dell’amicizia sembra essere quasi più importante di quello della guerra: si evidenziano ulteriormente i rapporti precostituiti e si creano nuove alleanze. C’è chi consolida la sua posizione e chi si ravvede, mettendo da parte i rancori.
La guerra non viene affrontata con quel senso di angoscia e timore che ci si aspetta e quello che non capisco è: hanno voluto prediligere l’aspetto più fiabesco e family friendly, oppure non avevano proprio voglia di gestire una mole emotiva di tale portata?
PERSONAGGI NUOVI
Qui veniamo alle note dolenti.
L’inizio parte con il botto e ci vengono subito presentati un gran numero di nuovi personaggi. La cosa che più mi è piaciuta è che tutti sembrano scritti con dovizia di dettagli e molta cura, rendendoli davvero interessanti.
Ma dopo un po’ mi è sorta una domanda lecita: quanto dura questo titolo? Siamo sicuri che sia l’ultimo oppure la Santa Monica ha intenzione di regalarci un ultimissimo capitolo?
Purtroppo niente terzo capitolo per questa saga norrena e nonostante GOW Ragnarok abbia una durata notevole, alla fine tutte queste linee narrative aperte si chiudono con una certa fretta, ed è un vero peccato.
Il Ragnarok stesso, come già detto nel capitolo sulla guerra, è rappresentato con eccessiva rapidità. La battaglia iniziale a Rodi di God Of War 2 del 2007, sembra già molto più faticosa e complessa, per dire…
Tra i vari personaggi nuovi che incontriamo in quest’ultimo capitolo, il primo che dobbiamo citare è indubbiamente Tyr, il catalizzatore di tutto ciò che succede, colui per il quale i nostri eroi partono all’avventura, nonostante Kratos fosse attratto dal pensionamento.
Come ben sappiamo, il Tyr che si unisce alla Family, non è il vero Tyr, bensì Odino che ne prende le sembianze per spiare e tenere sotto controllo il complotto ai suoi danni.
Sono comunque abbastanza sicura che il Padre di Tutti abbia dato una rappresentazione piuttosto fedele del dio della guerra norreno, forse calcando un po’ troppo la mano sulla pavidità sviluppatasi a seguito della prigionia, ma mantenendo le sue peculiarità, proprio per non destare sospetti in chi avrebbe potuto riconoscerlo.
Il personaggio di Tyr è quello che mi ha maggiormente deluso, non tanto perché fa di tutto per sottrarsi al combattimento, fino a restare a guardare gli altri che si scannano senza muovere una paglia per aiutarli, quanto piuttosto per la sua scialbezza.
Chi ha proseguito nel gioco anche dopo la conclusione principale, sa che alla fine lo incontriamo davvero (a Niflheim) e, ammettiamolo, non suscita particolari emozioni, non tante quanto io, almeno, mi aspettavo.
Già dal titolo del 2018, mi ero immaginata un Tyr magnificente, indubbiamente dallo spirito umanitario e giusto, ma non così privo di spessore caratteriale. Peccato.
Altro personaggio di rilievo che parte in quinta ma che poi finisce miseramente nel mucchio è Angrboda, che dopo aver assolto al suo compito predestinato, ovvero quello di incontrare e istruire Loki (Atreus), si convince di non aver più alcuna utilità. Insomma, fa tante storie perché certa di dover finire la sua esistenza isolata da tutto e da tutti e poi, con nonchalance, ce la ritroviamo ovunque, con un mega sorriso in faccia, come se non avesse mai avuto mezza paranoia in vita sua.
Il feeling e l’intimità appena accennati con Loki, però, sono davvero teneri e pure in questo caso, mi pare un peccato che il ragazzo se ne vada in solitaria, lasciando la ragazza ad occuparsi non solo del suo lupo, ma anche di tutto il resto, compreso suo padre.
Freyr, invece, è il fratello cazzone di Freya che si sacrifica per dimostrare di non essere solo un cazzone. Il suo unico scopo è quello di farci vedere che Freya ha imparato a perdonare. Pure lui aveva tutte le carte in regola per essere un bel personaggio.
Lunda, per quanto simpatica e divertente, non riesce a compensare la mancanza di Brok e Sindri e ogni volta che a fine gioco la si incontra nei negozi, a me si stringe il cuore di tristezza e nostalgia.
Heimdall, il nuovo villain (escluso ovviamente Odino) fa un po’ la stessa fine di Magni e Modi: una partecipazione narrativa scarsa e una morte rapida e poco combattuta. Lui aveva davvero un enorme potenziale in quanto a caratterizzazione.
Thrùd, forse, è l’unico personaggio nuovo che, nonostante le sia stato dato uno spazio un po’ risicato (ma capite anche voi perché, qui, sennò, non si finiva più), alla fine ha un arco narrativo un po’ più completo, soprattutto in relazione ai suoi rapporti familiari, sia con il padre che con la madre. Con quest’ultima, ad esempio, c’è un bellissimo riavvicinamento e la nascita di una solida alleanza tutta femminile che dà una grande idea di forza.
C’è anche un simpatico campionario di bestiole di ogni sorta e genere, ma credo di avervi già annoiato a sufficienza, dunque mi fermo qui.
CONSIDERAZIONI FINALI
Chiuso in fretta, pieno di cliché e con la consapevolezza che questo titolo sia il finale della saga, GOW Ragnarok mi costringe a ricredermi un po’ sull’entusiasmo iniziale.
A mente lucida non mi sento di considerarlo un flop (non lo sarebbe stato comunque, pur con le pecche su cui mi sono focalizzata), tuttavia, sul momento la delusione si è fatta un po’ sentire.
Questa fretta di chiudere le tante strade intraprese, ha di conseguenza reso stringato anche il giudizio razionale su ciò che invece ora, per me, ha perfettamente senso, come il finale di Atreus.
Non sto a sindacare sul fatto che abbia preso la sua strada, staccandosi dal padre, è un’inevitabile conseguenza della sua crescita. È stato il modo in cui questa risoluzione si è svolta (in maniera troppo rapida e approssimativa) che mi ha lasciato interdetta.
Ad ogni modo, il non soffermarsi troppo sulle conseguenze relative alle sue azioni, credo che, in realtà, sia la maniera più giusta per esprimere la peculiarità di questo personaggio.
La natura ineffabile di Atreus (accentuata dalla dualità che si ritrova a gestire), messa in luce in modo preciso da Sindri, risulta perfettamente coerente con la figura di Loki, descritta come ambigua, manipolatrice, egoista e soprattutto opportunista.
Ma il nostro ragazzo è davvero così? Ci lasciano con un dubbio che è quasi una certezza e questo lo rende un personaggio tutt’altro che banale.
Dall’altro lato abbiamo Kratos che qui chiude definitivamente il suo arco narrativo. È un personaggio che ha risolto i suoi conflitti e non ha più nulla da offrire, quindi ha perfettamente senso che lasci il posto al suo naturale erede.
Tutti ci siamo affezionati a lui, God Of War è Kratos e viceversa, ma non ha più senso continuare a metterlo nelle vesti di protagonista.
È un gioco iconografico, denso di significati, che affronta temi universali e per questa ragione, sempre attuali.
Sebbene ci sia chi è rimasto deluso dal cambiamento pressoché impercettibile rispetto al titolo precedente, o da alcune scelte narrative, io dico che di questo gioco c’è tanto da dire e da approfondire, ma più sul piano narrativo rispetto a tutto il resto, a cui ci hanno già abituati nel 2018.
Perché è vero, non è cambiato molto, non c’e nulla di particolarmente eclatante, è un continuum che ci fa tornare alla conclusione del precedente, insomma, è solo tutto più grande e complesso e allo stesso tempo più sintetico e sbrigativo. Possiamo esplorare più luoghi e farlo più facilmente, lasciando spazio ad altre dinamiche.
Tuttavia, GOW è molto rivoluzionario a suo modo, e lo è di più se lo si paragona ai suoi diretti precedenti. È il vero anello di congiunzione tra il gioco e il cinema, come ad esempio The Last Of Us. Non a caso, la Santa Monica ha riempito questo titolo di Easter Egg che sono chiari omaggi anche alla Naughty Dog, con cui ha delle affinità indiscutibili, non solo per gli aspetti qualitativi, quanto per la volontà di creare il perfetto ibrido di due prodotti audiovisivi che dovevano intrecciarsi, prima o poi, colmando da un lato l’aspetto solamente passivo dell’uno e quello contenutistico ed estetico dell’altro.
Mi sono dilungata molto e se siete arrivati fin qua vi ringrazio, ma ammetto di aver scritto con molta più sintesi di quanto avrei voluto.
In God Of War c’è sempre tanto da esplorare e tanto su cui riflettere, è difficile parlarne senza rischiare di scrivere un romanzo.