Abathor è quel tipo di gioco che ha il sapore delle vecchie sale arcade di fine anni ‘80. Un action platform 2D con una pixel art ispirata ai classici 16-bit.

Quando scrissi che Abathor era un gioco che veniva dal passato, non potevo essere più vicino alla verità. Già dalla demo si capiva il potenziale del titolo anche se portava con sé anche i difetti classici del genere. 

Un gioco sviluppato con cura e passione dai fratelli David e Javier Garay, che hanno saputo ricreare l’atmosfera e la filosofia di quei titoli.

Sta ora a capire quanto l’atmosfera e la filosofia di quei cabinati sia ancora attuale o sia diventata anacronistica in certi suoi aspetti.

Esaminiamo Abathor, mettiamo in luce i suoi numerosi pregi, senza tralasciare le sue criticità.

La Cura per i Dettagli Estetici

Ciò che colpisce di Abathor è, oltre la forte ispirazione alla Rastan Saga, la fedeltà nel riportarla ai giorni nostri. 

Parliamo prima dell’aspetto grafico e sonoro del titolo. La pixel art, la cura dei dettagli, degli scenari e la varietà degli stage è davvero notevole. La densità di dettagli presenti in essi denota un lavoro certosino da parte degli sviluppatori. Per quanto la pixel art sia semplice, il suo uso intelligente rende bene i dettagli dello sfondo in cui ci muoviamo. 

Ciò aiuta anche la narrativa perché la ricchezza dei dettagli ambientali descrive il contesto dello stage. La storia di Abathor infatti, nonostante il pretesto semplice, viene arricchita dall’uso di questi dettagli. La colonna sonora è dello stesso livello della componente grafica.  Notevoli le composizioni chiptune di fine anni ’80. Oltre 40 tracce che sanno ben dipingere l’atmosfera e dare epicità alle azioni dei nostri eroi. 

Creature, Mid Boss e Main Boss

La cura che Abathor mette negli stage e nelle ambientazioni la troviamo anche nella varietà dei nemici. Ogni stage ha nemici unici e con i loro punti deboli. I mid boss e nemici élite sono complessi, ben disegnati e con un buon livello di sfida. Per quanto a volte le loro hitbox siano poco precise, il segreto è affrontarli con calma senza essere greedy.

I main boss invece vanno dagli umanoidi alle creature titaniche, demoni e aberrazioni. Creature mitologiche, alcune con la loro gimmick, che rendono il combattimento ancora più epico. A differenza delle altre creature, per quanto complessi, hanno un moveset comprensibile e leggibile. Per quanto ci vogliono diversi tentativi, non sono frustranti e la sconfitta spesso è colpa del giocatore.

La Cura del Level Design

Oltre al valore estetico va elogiato il level design e la varietà dei livelli. Sono presenti gli stilemi come le feroci fasi platform, i passaggi segreti e fasi che si alternano anche nello stesso livello. Molte fasi spettacolari spezzano la routine classica di gioco e danno un gran senso di epicità al tutto.

Molte fasi si sviluppano in verticalità, in altri sarà lo schermo a scorrere costringendo il giocatore ad essere veloce e preciso.

Carine la fasi action shooter orizzontale che spezzano il ritmo e alleggeriscono la tensione del gioco. Purtroppo devo bocciare i livelli con il carrello da miniera. Troppo deboli e risentono più di tutti delle imprecisioni e “sporcizie” del gameplay. 

Un vero peccato perché spesso si muore cadendo nel vuoto senza un’effettiva colpa del giocatore.

I 4 Eroi di Abathor

La natura di Abathor non è solo single player, infatti il design dei personaggi e le loro abilità speciali, sono votate al couch coop multiplayer. L’uso di queste abilità ricordano un altro classico del genere come Golden Axe.

In Abathor possiamo scegliere fino a 4 giocatori con diverse abilità speciali. Ogni personaggio ha caratteristiche diverse di forza, agilità e difesa e hanno un impatto concreto nel gioco. Ognuno ha un attacco normale, uno speciale e un dash o roll in avanti.

Vediamoli uno per uno.

CRANTOR (barbaro). Ha un fendente forte che lo porta in avanti e la capacità di fare un roll per evitare gli attacchi nemici. 

SAIS (valchiria). Col giusto tempismo e solo contro determinati nemici possiamo bloccare i loro attacchi ed avere una finestra per un contrattacco. Oltre a questo ha un dash che permette di avvicinarsi oppure evitare gli attacchi avversari.

KRITIAS (assassino). La più mobile e forse la più efficace da giocare in solo. I suoi attacchi sono molto veloci e hanno meno commitment rispetto agli altri eroi. Ha un attacco speciale che colpisce in alto e dà anche una finestra di invulnerabilità, oltre ad un dash che può evitare proiettili. 

AZAES (stregone). Classe molto particolare perché ha una barra di energia da riempire con l’uso della sua abilità speciale. Una volta riempita i suoi attacchi saranno più efficaci e anche il suo dash farà danno. 

Miglioramento dei Personaggi

In alcuni livelli, completando un evento, potremo ottenere un potenziamento per il personaggio. Otterremo una nuova estetica e un nuovo moveset. Da notare la grande cura degli sviluppatori che hanno creato un’estetica e un gameplay diversi per ogni personaggio. 

Inoltre durante alcuni livelli incontreremo un mercante che ci venderà miglioramenti, oggetti e potenziamenti per il nostro personaggio.

Sebbene i personaggi siano tutti stereotipi dei classici della pop culture, è apprezzabile il lavoro fatto dagli sviluppatori. Le differenze infatti non sono solo estetiche ma anche di gameplay. Ogni personaggio ha il suo modo di affrontare i livelli e superarli, grazie alle proprie caratteristiche ed abilità.

Difficoltà: tra Complessità e Artificiosità

Lunga e complessa è la discussione riguardo la difficoltà nei videogames e la percezione di essa da parte del pubblico. In questo momento storico il pubblico sembra premiare titoli che portano con sé una loro complessità. Va bene la difficoltà nel momento in cui il gioco porta a ragionare come superarle grazie alla complessità delle sue opzioni. Sembra ormai anacronistico il trial & error esasperato in cui si deve solo imparare a memoria dopo aver ripetuto innumerevoli volte. 

Personalmente è difficile dare un parere oggettivo su questo argomento e ognuno ha una sua opinione. Devo dire che è innegabile che Abathor ha degli elementi di difficoltà figli di un game design di 30 anni fa. 

Vediamo di analizzare le scelte autoriali e le ingenuità presenti nel titolo.

3 Livelli di Difficoltà

Abathor nella sua autorialità fornisce al giocatore dei crediti, come si faceva nei vecchi cabinati. Una volta finiti i crediti a disposizione c’è il game over. E così, indipendentemente dal livello raggiunto, dobbiamo ripartire dal primo livello dello stage a cui siamo arrivati.

Oltretutto presenta 3 livelli distinti di difficoltà:

Easy Mode: 99 crediti e maggiori cure ed oggetti a disposizione del giocatore.

Normal Mode: 5 crediti con difficoltà maggiore e minor supporto per il giocatore

Bravery Mode: Sbloccabile finendo il Normale Mode che sblocca uno stage successivo e un boss unico, così da ottenere il True Ending.

Come da tradizione di giochi come Ghouls ‘n Ghosts è necessario finire due volte il gioco per ottenere il vero finale. Fortunatamente lo sforzo verrà ripagato con contenuto aggiuntivo e il true ending.

Knockback, Hitbox, Imprecisioni e Check Point

Sicuramente ci sono due elementi che hanno traumatizzato i vecchi giocatori di questo genere di giochi. Qualsiasi creatura volante e il famigerato knockback sono gli elementi che hanno dato filo da torcere a tutti i giocatori del genere. 

Il pattern delle creature volanti, insieme al knockback dei colpi ricevuti possono essere fatali. Infatti qualsiasi colpo subito dal giocatore lo spinge all’indietro, senza la possibilità di controllo da parte di quest’ultimo. Basta trovarsi su una piattaforma sospesa nel vuoto e subire un colpo fortuito per perdere il controllo e precipitare nel vuoto.

La densità dei nemici, la loro aggressività e alcune imprecisioni delle hitbox, dei comandi e geodata delle piattaforme, mettono la ciliegina sulla torta. 

In più la distribuzione dei check point è abbastanza strana. Sebbene presenti all’interno dei livelli, non garantiscono la continuità nel gioco. Infatti se finiamo i crediti o stacchiamo il gioco senza finire lo stage, dobbiamo ricominciare dal primo livello. Questo accade anche se siamo arrivati all’ultimo livello dello stage senza completarlo. Infatti solo completare per intero lo stage e passare a quello successivo ci garantisce un vero check point.

Autorialità ed Ingenuità

Abathor è un tributo agli action platform 2D fine anni ‘80 e la cura e la conoscenza messa nello sviluppo del titolo sono inequivocabili. Per quanto l’effetto nostalgia sia forte, ci troviamo anche davanti a meccaniche di gioco vecchie di almeno 30 anni.

Per quanto rispetti la visione autoriale degli sviluppatori, penso che siano presenti alcune scelte di game design quantomeno anacronistiche. 

La scelta del sistema di checkpoint è abbastanza punitiva, insieme ai problemi sopra citati può risultare frustrante. È vero che i 3 livelli di difficoltà sono pensati per arginare il problema e ci sono anche crediti nascosti nei livelli. Purtroppo nel raggiungere il true ending e con l’aumentare della difficoltà, le imperfezioni si fanno sentire. Bastava inserire un sistema di password (esattamente vecchia scuola) almeno ad ogni boss di fine stage. 

Anche la gestione dei potenziamenti andrebbe rivista. In caso dovessimo interrompere la partita, ricominceremo senza i potenziamenti ottenuti. Fortunatamente verremo risarciti della valuta spesa. Purtroppo dobbiamo aspettare di incontrare il mercante che compare solo in punti specifici di alcuni livelli per riacquistare le abilità. Quindi immaginate di cominciare uno stage, spogliati dei potenziamenti, fondamentali soprattutto nell’ultima parte del gioco. 

Durante l’avventura, rompendo dei forzieri otterremo item utili. Purtroppo per attivarli dobbiamo usare il tasto direzionale su e quello di attacco. Spesso però durante i momenti più concitati capita di attivare gli item per errore mentre combattiamo. 

My Two Cents

Abathor è sicuramente una piccola perla videoludica. Una dichiarazione d’amore da parte di David e Javier Garay verso i classici arcade di fine anni ‘80. La cura nei dettagli rende il gioco impressionante sotto l’aspetto visivo e sonoro, impreziosendo l’atmosfera del titolo. La varietà degli stage e livelli fa capire la conoscenza delle meccaniche e del level design dell’epoca da parte degli sviluppatori. La perfetta rievocazione porta con sé anche i difetti e le scelte di gameplay, figli di scelte legate a quegli anni. Purtroppo Abathor ha mantenuto elementi anacronistici ed alcune ingenuità che possono essere in parte anche corrette. Per quanto la difficoltà e la percezione di essa sia anche soggettiva, alcune meccaniche aggiungono oggettivamente solo difficoltà artificiale. Al netto di questo Abathor rimane un buon gioco, specialmente se giocato in couch coop con degli amici. Non pretende di rinnovare niente, la sua visione di gioco è cristallina, complessa e mai nascosta. Specialmente l’ultima metà del gioco diventa davvero brutale, anche se da soddisfazione nel superare le sfide proposte.

Tirando le somme Abathor è un buon prodotto che merita di essere giocato, che si rivolge perlopiù ad una nicchia specifica. Vi invito almeno a provarlo anche se non siete giocatori “vecchia scuola” perché la sua estetica e il suo gameplay old style potrebbero affascinarvi.

Abathor

” Abathor è sicuramente un piccolo gioiello. Una dichiarazione d’amore di David e Javier Garay verso i classici arcade della fine degli anni ’80. La cura dei dettagli rende il gioco impressionante dal punto di vista visivo e sonoro, impreziosendo l’atmosfera del titolo. Purtroppo Abathor conserva elementi anacronistici e qualche ingenuità che possono anche in parte essere corrette. Anche se la difficoltà e la percezione della stessa sono soggettive, alcune meccaniche oggettivamente aggiungono solo difficoltà artificiali. Tutto sommato Abathor è un buon prodotto che merita di essere giocato, rivolto principalmente ad una nicchia specifica. Vi invito almeno a provarlo anche se non siete giocatori “vecchia scuola” perché la sua estetica e il gameplay vecchio stile potrebbero affascinarvi.”

PRO

  • Grande cura per l’estetica
  • Grande cura di level design
  • Si sente l’atmosfera dei “vecchi tempi”

CON

  • Alcune ingenuità di design
  • Problemi relativi al genere action platform anni ’80
SCORE: 7.7

7.7/10

Sono un musicista (pianista), un nerd e un amante di lunga data di manga. Sono nato come videogiocatore grazie ad una copia di Pitfall per Atari 2600 (1982), e così sono cresciuto di pari passo al mio medium preferito fino ai giorni nostri. In seguito ho cominciato ad interessarmi anche a cosa c'è dietro al prodotto finale, alla sua struttura e ciò che accade dietro le quinte del mondo del gaming.