Un viaggio ambizioso tra dungeon, enigmi temporali e crescita personale, in cui il tempo diventa il vero campo di battaglia

Con Mai: Child of Ages, lo studio milanese Chubby Pixel compie il salto più ambizioso della sua carriera. Dopo anni di produzioni sperimentali, il team indipendente si misura con un action-adventure dal respiro internazionale, in cui dungeon dal sapore classico, combattimenti hack & slash e intricati puzzle temporali si intrecciano a un racconto che parla di crescita, identità e memoria collettiva.

Il gioco è uscito su PC (Steam) il 18 settembre 2025 e ha debuttato su Nintendo Switch il 25 settembre 2025; le versioni PlayStation 4/5 sono annunciate ma con data ancora da definire.

Mai: Child of Ages non è un semplice richiamo ai grandi modelli del passato: è un viaggio che mette il tempo al centro dell’esperienza, trasformandolo in meccanica, nemico e alleato. Seguire Mai significa attraversare epoche diverse, riscrivere eventi e osservare come ogni scelta si rifletta sul mondo circostante. È, in definitiva, un progetto che ambisce a dimostrare come anche una piccola realtà indipendente possa creare un’opera capace di parlare con forza al pubblico globale.

Mai: Child of Ages - Announcement Trailer

Il peso del tempo

Mai: Child of Ages trasforma il tempo in strumento narrativo e meccanico, facendone il vero protagonista dell’esperienza.

Siamo catapultati in un universo frammentato, dove il confine fra passato e futuro è tanto labile quanto determinante. Dopo la terribile “Last Great War” che ha quasi spazzato via l’umanità, il mondo è rimasto in quella fascia di crepaccio storico — rovine antiche accostate a vestigia distopiche. È in questo spazio sospeso che incontriamo Mai, chiamata non solo a scoprire chi è, ma a intervenire su un passato ingiusto e su un possibile futuro ancora peggiore.

L’elemento che definisce l’avventura è la Pietra dell’Uroboro, un artefatto capace di alterare lo scorrere del tempo: congelare oggetti, riscrivere eventi, piegare la storia. Questo potere è progettato come vero e proprio medium narrativo: ogni gesto su un’epoca ha riverberi sull’altra, ogni scelta può far vacillare il fragile equilibrio del mondo.

Mai: Child of Ages

Un gameplay basato sulle diverse età del personaggio

Uno dei tratti distintivi del gioco è l’evoluzione organica delle meccaniche. Nelle fasi infantili, Mai vive in un mondo dove le piante mistiche diventano strumenti e alleati, usati per risolvere puzzle ambientali e superare sezioni platform di precisione. Con l’adolescenza, invece, il tono cambia radicalmente: i combattimenti diventano centrali, con un sistema hack & slash che privilegia agilità, difesa e colpi ben calibrati.

Il ritmo non è mai statico. La progressione in stile Metroidvania introduce nuove abilità sbloccabili e invita il giocatore a tornare sui propri passi, affrontando ambienti familiari con strumenti diversi. A questo si aggiungono dungeon chiaramente ispirati ai classici, enigmi temporali che chiedono di riscrivere eventi, fasi esplorative in caverne, fabbriche abbandonate e mondi sommersi.

A rendere il tutto più stratificato contribuiscono crafting, collezionabili e una modalità cooperativa: qui un secondo giocatore può incarnare spiriti primordiali o persino nemici, offrendo un supporto attivo in battaglia. Una scelta che mostra la volontà del team di ampliare l’accessibilità dell’esperienza, senza snaturare l’anima single player.

Atmosfera e suggestioni

L’ispirazione dichiarata affonda nei classici: The Legend of Zelda come archetipo dei dungeon, Journey per l’approccio contemplativo, Nier Automata per l’intreccio tra filosofia e azione. Ma Mai: Child of Ages non si limita a evocare: cerca un’identità propria, con un worldbuilding che alterna sacralità delle rovine, malinconia dei futuri distopici e vitalità delle ere passate.

La colonna sonora (curata da Eric Ferrari, già autore per altri progetti Chubby Pixel) sembra pensata per sottolineare la natura cangiante del viaggio: melodie eteree nelle fasi infantili, tonalità più cupe nei momenti di conflitto, dinamiche orchestrali durante i boss fight.

Mai

Il tocco umano: Chubby Pixel e la missione indie

Dietro a Mai: Child of Ages c’è una storia tutta italiana. Chubby Pixel nasce a Milano nel 2012 con una filosofia semplice: creare esperienze accessibili, colorate e originali.

Negli anni, Chubby Pixel ha costruito un catalogo di giochi indipendenti che riflettono un mix di sperimentazione e continuità: Woodle Tree Adventures e Woodle Tree 2, la serie Suicide Guy, esperimenti VR come Heaven Forest / Heaven Island, e titoli minori sperimentali.

Con Mai: Child of Ages, però, lo studio ha compiuto un salto di scala enorme. Dopo anni di produzioni più “snelle”, il gruppo milanese ha deciso di confrontarsi con un progetto di ben altra complessità: oltre venti ore di contenuti, dungeon stratificati, una modalità cooperativa, sistemi di crafting e puzzle, e soprattutto una storia che si intreccia con le meccaniche per affrontare temi universali come identità, memoria e responsabilità. Non è solo ambizione, ma la dimostrazione di una maturità raggiunta passo dopo passo.

Lo sviluppo è iniziato nel 2020 e, fin dall’inizio, il team — appena cinque persone — si è trovato davanti a una sfida che rischiava di sembrare più grande di loro. Costruire un mondo credibile, capace di trasformarsi e mutare insieme al viaggio di Mai, significava orchestrare narrativamente e tecnicamente due realtà interconnesse, passato e futuro, senza tradire la coerenza interna. Eppure la determinazione non è mai mancata: la volontà di esplorare idee nuove e di proporre qualcosa di autentico ha guidato il processo creativo.

Il nucleo principale del team comprende Fabio Ferrara (direzione creativa e game design), Giu (artista 2D e illustratore), affiancati da collaboratori esterni come Eric Ferrari (sound designer e compositore) e Yan Dawid (programmazione della camera). Una squadra ridotta, che ha però lavorato con un approccio “artigianale”, fatto di iterazioni continue, prove ed errori, fino ad affinare un sistema di gioco che unisce dimensione narrativa e meccanica in modo indissolubile.

Il risultato, oggi, è un titolo che porta l’impronta tipica dell’indie italiano: pochi mezzi, tante idee e un coraggio che non teme il confronto con produzioni di più ampia scala. Mai: Child of Ages non rappresenta solo un punto di arrivo per Chubby Pixel, ma anche la testimonianza di come passione e visione possano trasformare una “piccola bottega” creativa in una voce capace di parlare al pubblico globale.

Suicide Guy

Rischi e opportunità

Ogni progetto così vasto porta con sé punti di forza e fragilità.

Ciò che colpisce maggiormente di Mai: Child of Ages è l’uso del tempo, che non resta confinato a semplice trovata scenica ma diventa il cuore pulsante dell’intera esperienza, sia a livello narrativo che di gameplay. È una scelta che dona coerenza e profondità, evitando l’effetto “gimmick” che spesso affligge titoli con idee troppo effimere.

Anche la progressione di Mai riesce a convincere: il modo in cui il gameplay si evolve insieme alla crescita della protagonista non è solo una trovata originale, ma restituisce un senso di continuità che lega perfettamente l’esperienza ludica allo sviluppo del personaggio.

La varietà dei contenuti è un altro punto forte: dungeon, enigmi, combattimenti dinamici, sistema di crafting e modalità cooperativa convivono in un mosaico che offre sempre nuovi stimoli e impedisce all’avventura di scivolare nella monotonia.

A questo si aggiunge un’identità artistica riconoscibile: pur richiamando inevitabilmente grandi modelli come Zelda o Journey, il titolo cerca e trova una sua voce, mescolando suggestioni familiari a un’estetica personale e immediatamente distinguibile. Infine, non va trascurato il valore simbolico del progetto: Mai è una produzione italiana che si inserisce con coraggio nel panorama internazionale, contribuendo a rafforzare la presenza del nostro Paese nella scena indie globale.

Naturalmente, le ambizioni di un progetto tanto vasto portano con sé anche alcune ombre. La grande quantità di idee rischia talvolta di diluire la coesione generale, facendo percepire l’esperienza più dispersiva di quanto dovrebbe. Allo stesso modo, i puzzle legati alla manipolazione del tempo — per loro natura complessi — potrebbero alzare una curva di difficoltà non sempre bilanciata.

Un’altra incognita riguarda il ritmo: alternare continuamente esplorazione, enigmi e combattimenti richiede una regia attenta, pena la perdita di fluidità e coinvolgimento. Infine, resta il nodo più delicato: per un team indipendente di dimensioni ridotte, gestire un progetto così ampio significa dover conciliare aspirazioni e risorse, con tutti i rischi che questo comporta in termini di stabilità tecnica e qualità complessiva.

Mai

Guardando al mercato

Collocare Mai: Child of Ages nel panorama indie significa anche ragionare sul momento storico. Il pubblico oggi è affamato di esperienze “Zelda-like”. Ma c’è anche una crescente domanda di giochi che uniscono introspezione e azione — basti pensare a come titoli come Ori and the Blind Forest o Hollow Knight abbiano conquistato non solo per il gameplay, ma per la loro anima narrativa.

Mai si posiziona a metà strada: vuole soddisfare il giocatore che cerca sfida e varietà, ma anche chi cerca una storia densa di temi universali. È una scelta coraggiosa, che può pagare in termini di riconoscimento, ma che richiede una realizzazione impeccabile per non alienare le due fasce di pubblico.

Mai: Child of Ages

Conclusione: il tempo dirà

Mai: Child of Ages non è solo un nuovo titolo indie: è una dichiarazione di intenti. Chubby Pixel, con un team minuscolo ma una visione chiara, prova a dimostrare che anche in Italia è possibile creare opere di respiro internazionale, capaci di parlare a chi ama l’azione, la riflessione e le storie complesse.

Il tempo, qui, è tutto: tema, meccanica, nemico e alleato. E il tempo ci dirà se Mai sarà ricordato come una promessa mantenuta o come un sogno troppo grande. Ma una cosa è certa: vale la pena seguirne il percorso, perché progetti così nascono raramente, e ogni volta che succede l’industria indie fa un passo avanti.

Mai

Se volete saperne di più:

Sito Ufficiale di Chubby Pixel

Mai: Child of Ages

“Mai: Child of Ages rappresenta un punto di svolta per Chubby Pixel e per la scena indie italiana. Non è soltanto un action-adventure che intreccia dungeon, enigmi e combattimenti, ma un viaggio che usa il tempo come chiave per parlare di identità, crescita e memoria. La forza del progetto sta nella capacità di fondere meccaniche e racconto, offrendo un’esperienza che sa essere tanto intima quanto ambiziosa. Ci sono rischi e qualche inevitabile fragilità, ma il coraggio e la visione dietro questo titolo lo rendono un’opera degna di attenzione, capace di posizionarsi con autorevolezza anche sul panorama internazionale.”

PRO

  • Il tempo come meccanica narrativa e di gameplay, non solo trovata estetica
  • Progressione che accompagna la crescita della protagonista
  • Grande varietà: dungeon, enigmi, combattimenti, crafting, modalità cooperativa
  • Identità artistica riconoscibile, tra ispirazioni e stile personale
  • Valore aggiunto di una produzione italiana con respiro internazionale

CON

  • Rischio di dispersione per l’eccesso di idee
  • Puzzle temporali con difficoltà talvolta elevata
  • Ritmo che può spezzarsi tra esplorazione, enigmi e combattimenti
  • Sfida tecnica enorme per un team ridotto, con possibili compromessi qualitativi
SCORE: 7.5

7.5/10

Sono un'artista italiana che ha iniziato un po' tardi ad appassionarsi al mondo dei giochi ma che se ne è innamorata subito. Non sono una gran giocatrice e scelgo titoli che si adattino alle mie preferenze personali, ma posso apprezzare soprattutto i contenuti grafici e le soluzioni artistiche. Inoltre, sto imparando a conoscere anche tutte le affascinanti funzionalità del game development.