Il classico arcade horror torna con una veste moderna, tra luci e ombre, nostalgia, rispetto del classico e scelte meno convincenti.
La saga di House of the Dead è da sempre il simbolo dei light gun shooter horror da sala giochi.
A partire dal 1996 sono usciti ben cinque capitoli principali, accompagnati da spin-off interessanti come Typing of the Dead per Dreamcast e PC, e il controverso ma brillante House of the Dead: Overkill, un prequel ispirato allo stile Grindhouse.
Tra i capitoli più amati spicca senza dubbio il secondo, che ampliava le possibilità per il giocatore offrendo rigiocabilità grazie a segreti nascosti, civili da salvare (che potevano aprire vie alternative), vite extra e finali multipli sbloccabili in base a punteggio e scelte compiute.
Uno dei punti forti della saga, fin dal debutto, è sempre stata la cura per la caratterizzazione dei personaggi, l’illuminazione, i nemici e i dettagli sugli impatti dei colpi, senza dimenticare le ambientazioni, costruite con grande attenzione.
Un remake del secondo capitolo poteva quindi rappresentare l’occasione perfetta per rilanciare la serie, soprattutto dopo le incertezze del quinto episodio. Quest’ultimo, infatti, aveva introdotto un personaggio chiave già preannunciato nel quarto capitolo, ma lo ha gestito in modo deludente, trasformando quello che poteva essere un grande potenziale in uno spreco totale e lasciando i fan con aspettative tradite
Con dei presupposti così, cosa potrebbe andare storto?


Venezia a “luci rosse”
House of the Dead 2 Remake colpisce da subito con un’illuminazione fortemente virata al rosso. Una scelta stilistica particolare, che in alcuni casi appiattisce scenari e dettagli, rendendo meno evidente il fascino cupo e misterioso che caratterizzava l’originale.
Questo effetto tocca non solo le ambientazioni, ma anche alcuni nemici e boss, che perdono un po’ di presenza scenica.
Il doppiaggio, l’eco sbiadita di un classico
Un aspetto indimenticabile del titolo originale era il doppiaggio: recitazione intensa, dialoghi incisivi (specie quelli di Goldman), e voci perfettamente calzanti con le situazioni più tese.
Nel remake, invece, il nuovo doppiaggio risulta meno curato e spesso non coerente con il tono dei personaggi. In particolare Goldman, che da voce calma e autoritaria è diventato una versione più caricaturale, con interpretazioni esagerate che smorzano l’impatto emotivo delle scene.
Già dal dialogo iniziale con il primo boss, si percepisce poco mordente e non trasmette lo stesso timore che caratterizzava il titolo originale.


Pioggia di censure e violenza attenuata
Il remake riflette una sensibilità più moderna: alcune scene sono state edulcorate e la violenza visiva è stata ridimensionata.
Colpi, morsi e fendenti sono meno viscerali rispetto all’originale, e in alcune sequenze i civili da salvare (tra cui i bambini inseguiti dagli zombie) sono stati sostituiti da adulti. Anche la distruzione dei nemici è meno spettacolare: invece di corpi che si sfaldano in modo realistico fino a sciogliersi in una pozza di liquido misterioso (versione originale), molti avversari si dissolvono in cenere (Remake).
Piccoli dettagli che, sommati, cambiano il tono complessivo.
Accessibilità limitata e funzioni essenziali mancanti
L’originale offriva diverse opzioni legate a difficoltà e crediti, fondamentali per la rigiocabilità. Nel remake, invece, mancano elementi essenziali: impossibile gestire il numero di “gettoni” disponibili o selezionare capitoli singoli, costringendo a ricominciare sempre tutto dall’inizio.
Su PC l’uso del mouse rende l’esperienza comunque precisa, ma la mancanza del supporto ufficiale per light gun è una lacuna pesante. Ancora più critiche le segnalazioni degli utenti Switch, che lamentano seri problemi di mira e responsività.


Comparto tecnico
Dopo alcune patch, la versione PC è migliorata, ma al lancio erano presenti frequenti crash negli avanzamenti di livello, caricamenti lenti delle texture e persino l’impossibilità di avviare il gioco.
Rimane inoltre il problema dei boss: pur essendo molto preciso il sistema di fuoco su PC, i loro punti deboli sono estremamente piccoli e difficili da colpire, creando frustrazione inedita rispetto all’originale.
Conclusioni
House of the Dead 2 Remake non riesce a imporsi come il ritorno trionfale che i fan speravano. Alcune scelte stilistiche, l’attenuazione della violenza, i limiti di accessibilità e i problemi tecnici hanno appesantito un progetto che aveva tutte le carte per rilanciare un classico.
Nonostante ciò, resta un’esperienza che può intrattenere chi vuole riscoprire – anche se in forma diversa – il fascino arcade della serie.
House of the Dead 2: Remake
PRO
- Restyling grafico complessivo che, pur con limiti, modernizza l’esperienza
- Colonna sonora rimasterizzata che mantiene lo spirito dell’originale
- Gameplay immediato, che ripropone la formula arcade senza fronzoli
- Buona resa delle ambientazioni storiche, come Venezia e la cattedrale, seppur reinterpretate
CON
- Doppiaggio poco curato
- Scelte stilistiche (illuminazione eccessiva, censura) che snaturano l’atmosfera
- Mancanza di opzioni di accessibilità e gestione dei crediti
- Problemi tecnici al lancio, con bug e crash
- Boss fight frustranti per bilanciamento poco accurato
- Modelli dei personaggi non fedeli all’originale