Qualcosa finisce, qualcosa inizia.

DOOM: The Dark Ages

Sono trascorsi anni dalla conclusione della saga classica di DOOM, suggellata dall’epilogo di The Ancient Gods – Parte 2. Da allora, id Software ha intrapreso la via più audace e al contempo più saggia: ampliare il proprio universo narrativo volgendo lo sguardo alle origini dello Slayer, colmando così l’abisso tra la leggenda e la rinascita rappresentata da DOOM (2016). Di recente, abbiamo approfondito il trailer ufficiale in questo articolo.

Con DOOM: The Dark Ages si apre un nuovo, colossale capitolo nella saga infernale. Un’opera che si distingue non solo per la sua rinnovata filosofia ludica, ma anche per una scrittura sorprendentemente solida, ricca di pathos e coerenza, accompagnata da personaggi capaci di imprimersi nella memoria.

Desiderate scoprire le vere origini dello Slayer?
Allora proseguite nella lettura… la leggenda vi attende.

Le origini del mito: La storia di DOOM: The Dark Ages

La campagna prende il via molti anni dopo l’ascesa del Doom Guy, ormai trasfigurato nella leggendaria Macchina Divina per mano del Serafino, e divenuto ufficialmente lo Slayer: non più un semplice guerriero, ma un’arma vivente, plasmata per essere controllata dai Makyr e al contempo temuta e riverita dalle Sentinelle.

Composta da ben 22 capitoli di intensità incalzante, la trama si configura come un prequel diretto di DOOM (2016), mettendo in scena un conflitto epocale che vede contrapporsi l’umanità, i Makyr e le forze oscure del Regno Oscuro. La narrazione si rivela sorprendentemente densa, sfaccettata, sorretta da una vasta serie di personaggi tratteggiati con cura e profondità. Alcune figure secondarie, già ora emblematiche, lasciano presagire un ruolo chiave nei futuri DLC o potenziali sequel. Tra i protagonisti principali emergono con forza il fiero Re Novik, il tormentato Valen, la carismatica Thira, l’enigmatico vescovo Kreed e il principe Azrak: ognuno di loro vanta una caratterizzazione incisiva e una presenza scenica capace di imprimersi nella memoria.

E poi c’è lui, lo Slayer. Muto, ma mai silenzioso: attraverso i suoi gesti, le sue azioni e i momenti più drammatici della storia, riesce a esprimere un’umanità insospettata, rivelandosi più sfaccettato e profondo che mai. Proprio nelle sequenze conclusive, i più attenti fra voi coglieranno indizi e richiami sottili, preziosi frammenti che si intrecciano con gli eventi futuri dell’universo di DOOM.

Una narrazione coinvolgente, solida e stratificata, tutta da vivere fino in fondo. Ogni dettaglio, ogni sfumatura è parte di un disegno più ampio che aspetta solo di essere svelato.

Thira: La rivelazione inaspettata

Thira, figlia del sovrano Re Novik, poteva apparire nei trailer come una semplice figura di contorno. Ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze: nel gioco, il suo ruolo si rivela ben più centrale e determinante.

Il suo temperamento, sospeso tra una glaciale compostezza e una profonda sensibilità, si manifesta in una caratterizzazione estremamente sfumata e credibile, trovando il suo culmine nel delicato rapporto che la lega allo Slayer—una relazione silenziosa ma densa di significati, che dà vita a una delle sequenze più toccanti e memorabili dell’intera campagna.

Al di là del suo peso narrativo, Thira si impone come una figura chiave nell’economia del racconto, offrendo una prospettiva inedita sull’universo di DOOM. In lei convivono la guida spirituale e la mente strategica, l’erede del potere e la custode di un sapere antico che ridefinisce la portata epica del conflitto in atto.

Ma non abbassate la guardia. Thira nasconde ben più di quanto lasci trasparire… e il suo destino potrebbe essere legato indissolubilmente a quello dell’intero regno.

Thira

Re Novik e Valen: I pilastri delle Sentinelle

Novik e Valen rappresentano l’anima e il cuore pulsante delle Sentinelle.
Sono pilastri di una tradizione millenaria, simboli viventi di onore, lealtà e disciplina marziale. Il loro legame con lo Slayer, inizialmente improntato a una fredda diffidenza, evolve gradualmente, capitolo dopo capitolo, fino a trasformarsi in un rapporto intriso di autentico rispetto e reciproca fiducia.

Novik, straordinariamente tratteggiato, si distingue come mente strategica di rara lucidità e come guerriero temibile, capace di affrontare in più occasioni l’imponente Azrak con una determinazione che rasenta l’eroismo. La sua presenza domina ogni scena, trasmettendo la gravitas di un sovrano e la furia controllata di un condottiero temprato dalla guerra.

Accanto a lui si erge Valen, il Capitano delle Sentinelle, la cui figura cresce progressivamente d’importanza man mano che la narrazione cresce. Capitolo dopo capitolo, lo vedrete emergere come figura cardine, stratega e combattente che affianca Novik nelle battaglie più folli, devastanti e spettacolari dell’intera campagna.

Due anime indomite, due guerrieri leggendari.
Sarà anche grazie a loro che comprenderete fino in fondo la profondità del mondo di DOOM: The Dark Ages, e il senso di appartenenza che lo Slayer riscopre in mezzo a chi, un tempo, lo aveva accolto… o forse temuto.

DOOM: The Dark Ages

Azrak: Il nuovo arcinemico dello Slayer

Azrak è molto più di un semplice antagonista: è una mente acuta, una forza brutale, un enigma imprevedibile. La sua figura si impone sin dalle prime apparizioni con una carica scenica dirompente, sostenuta da un’interpretazione straordinariamente carismatica che vi soprenderà. Proprio come Thira, Azrak cresce insieme alla narrazione, evolvendosi in sintonia con gli eventi e rivelando, atto dopo atto, una complessità che va ben oltre il ruolo del villain di turno.

È un nemico che sa osservare, pianificare, colpire con ferocia e intelligenza. Ma è anche vittima della sua stessa ambizione: un desiderio cieco di dominio e gloria che lo acceca al punto da ignorare l’essenza più profonda dello Slayer, quella verità taciuta che incute terrore perfino tra le fila dell’Inferno.

E sarà proprio questa sua presunzione a condurlo alla rovina. Perché il timore dei demoni non è frutto della leggenda… ma della realtà. E Azrak lo scoprirà sulla propria pelle, nel modo più amaro possibile.

Una nuova filosofia di combattimento: “Stand and Fight”

La filosofia che anima il nuovo DOOM è chiara, brutale e inequivocabile: “Stand and Fight” – restate saldi, affrontate l’orda e dominate il campo di battaglia (ne abbiamo parlato nel dettaglio qui).

Si tratta di un cambio di rotta deciso rispetto al recente passato: il movimento frenetico cede il passo a un gameplay più pesante, frontale e ponderato, dove il controllo non nasce dalla fuga, ma dal dominio. E al centro di questa visione emerge lo Scudo Sega, emblema e fulcro del nuovo sistema di combattimento.

Questo strumento iconico dello Slayer è un’arma ibrida, capace di unire difesa e distruzione con una versatilità sorprendente: consente di deviare gli attacchi con un timing umano, accessibile, ma anche di colpire a distanza con potenza letale, falciando orde o bloccando minacce maggiori per ottenere un attimo di tregua.
Non è solo un’arma: è un’estensione dello Slayer, utilizzabile anche in fase di platforming e nelle interazioni ambientali, confermandosi come una delle aggiunte più riuscite e significative.

Il cuore stesso dell’esperienza FPS è stato riforgiato: meno tecnicismi, più ferocia. The Dark Ages si distanzia da Doom Eternal, rinunciando alla frenesia combinatoria in favore di un’azione più brutale, diretta, viscerale.
Lo Slayer torna a essere ciò che è sempre stato: una macchina da guerra senz’anima, un dio della distruzione che non deve più sottostare a coreografie forzate.

L’arsenale riflette questa nuova essenza. Ogni arma possiede una forte identità, con potenziamenti capaci di adattarsi a stili di gioco radicalmente diversi.

Tra le punte di diamante, spicca l’Impalatore: una balestra devastante, lenta ma chirurgica, in grado – se potenziata – di abbattere un Cavaliere Infernale con pochi colpi ben assestati.
C’è poi la Chain Shot, una delle armi più soddisfacenti dell’intero arsenale: un’ibrida tra corpo a corpo e distanza, che spara una sfera incandescente pronta a esplodere con effetti catastrofici, persino su un Cyber Demon.
Infine, impossibile non menzionare il Polverizzatore: letale nelle mischie più caotiche, è l’ideale per ripulire spazi angusti con una pioggia di proiettili ad area. Rapida, devastante, imprescindibile.

Con The Dark Ages, DOOM si reinventa: una nuova epoca, una nuova brutalità. E voi siete chiamati a scatenarla.

DOOM: The Dark Ages

Un nuovo sistema di recupero delle munizioni tramite le armi melee

Doom: The Dark Ages introduce una meccanica inedita e affascinante nel sistema di combattimento: il recupero munizioni tramite armi da mischia. Se nei capitoli precedenti la motosega rappresentava l’unico mezzo per rifornirsi rapidamente, ora il gioco amplia questa funzione con tre nuove armi melee, ciascuna dotata di un’identità precisa.

La prima è il Pugno Elettrificato: rapido, brutale, devastante nei duelli singoli. Una combo di 3 o 4 colpi – soprattutto da potenziato – può annientare un nemico pesante e garantire munizioni istantanee, rivelandosi un’arma essenziale in prima linea.

Segue il Flagello, pensato per il controllo delle folle: colpisce fino a tre nemici standard contemporaneamente. Sebbene il suo recupero sia più lento del pugno, risulta cruciale per dominare le brevi distanze.

Infine, la Mazza del Terrore: una scelta estrema per le minacce maggiori. Ha una sola carica e un tempo di recupero molto lungo, ma la sua potenza è semplicemente devastante.

Tutte e tre utilizzano un sistema a cariche: fino a tre per pugno e flagello, una per la mazza. Per ricaricarle rapidamente, dovrete padroneggiare le parate perfette contro attacchi ravvicinati, una meccanica che rende i combattimenti corpo a corpo – soprattutto contro gli Hell Knight – ancora più intensi, tecnici e soddisfacenti.

DOOM: The Dark Ages

Potenziamenti, rune e scudo evolutivo

In Doom: The Dark Ages, lo scudo non è soltanto un mezzo di difesa: è un’arma a tutti gli effetti, dalla resistenza limitata ma potenziabile in maniera significativa. Grazie al nuovo sistema di upgrade, potrete incrementarne la capacità di parata, impatto e persino la rapidità con cui neutralizza determinati nemici. Il suo potenziamento può rivoluzionare l’esperienza di gioco, rendendolo via via più resistente e letale. Inoltre, superata una missione chiave della campagna, sbloccherete un sistema avanzato: le rune.

Le rune, articolate in quattro categorie, incidono profondamente sul gameplay. Vi spingeranno a perfezionare le parate perfette contro attacchi a distanza, attivando così effetti speciali devastanti: terremoti localizzati, piogge di lame, torrette automatiche o scariche elettriche. Potrete equipaggiare una sola runa per volta, ognuna dotata di un proprio albero di potenziamento che ne estende potenza, efficacia e durata. Scegliere la runa più adatta al contesto può determinare la vostra sopravvivenza nei momenti più frenetici dello scontro.

upgrades

Una nuova economia e la caccia all’oro

Doom: The Dark Ages introduce un sistema di potenziamento completamente rivisitato, fondato su una nuova valuta: l’oro. Raccogliendolo nel corso dei livelli, insieme a oggetti speciali nascosti, potrete migliorare l’intero arsenale e lo scudo. Una volta completati gli upgrade di un’arma, sbloccherete una sfida maestria, che ne porta le capacità al massimo potenziale.

Questa nuova economia premia l’esplorazione, incentivando i più attenti con potenziamenti significativi. Tuttavia, come accade con i segreti, la ricerca dell’oro può talvolta rallentare il ritmo, soprattutto per chi predilige un’azione più serrata. In compenso, le sfide opzionali offrono un buon bilanciamento: oltre a mettere alla prova la vostra abilità, garantiscono ricompense sostanziose – oro extra o materiali rari – incoraggiando approcci alternativi e strategie variegate per affrontare ogni capitolo.

Nel complesso, si tratta di un’aggiunta stimolante e ben congegnata, che potrebbe però giovare di un leggero ribilanciamento per mantenere più fluida la progressione.

Atlan: I Mech colossali tra Evangelion e Pacific Rim

Alcune delle sequenze più spettacolari di Doom: The Dark Ages si vivono a bordo degli Atlan, mastodontici mech da guerra corazzati fino ai denti. Queste fasi costituiscono un’alternanza riuscita al gameplay tradizionale, offrendo un’esperienza guidata ma carica di adrenalina. Il loop ludico è essenziale ma gratificante: affrontate una serie di Titani in scontri ravvicinati, caricando mosse finali devastanti e schivandone i colpi con tempismo chirurgico. Il senso di peso, impatto e potenza è restituito in modo superbo, regalandovi alcune delle boss fight più memorabili degli ultimi anni. Una in particolare, titanica ed evocativa, conquisterà gli amanti delle suggestioni lovecraftiane.

Le influenze visive e tematiche sono evidenti: Evangelion emerge con forza nella scena dell’Atlan crocifisso, mentre Pacific Rim riecheggia nell’imponenza dei mech e nell’epicità cinematografica del loro ingresso in campo.

DOOM: The Dark Ages

Serrat, il drago: compagno e arma vivente

Le sezioni a bordo di Serrat, il drago da guerra, pur avendo suscitato qualche critica, assolvono a una funzione ben precisa: mettere in scena le battaglie più colossali del gioco, ambientate in vertiginose città sospese nel cielo.

Il gameplay su Serrat si rivela relativamente semplice ma funzionale: una volta agganciato il bersaglio, si attiva la modalità di combattimento. Colpendo ripetutamente il nemico e schivando con precisione, aumentate i danni inflitti e potenziate l’arma del drago, rendendo ogni scontro fluido e coinvolgente. Per quanto meno intenso rispetto alle sezioni a bordo dell’Atlan, volare con Serrat rappresenta un gradito cambio di ritmo e un tripudio visivo d’impatto. Con il progredire della narrazione, si sviluppa anche un legame emotivo sempre più marcato tra voi e Serrat, grazie al rapporto profondo con lo Slayer, che eleva il drago da semplice macchina da guerra a vero e proprio compagno di battaglia.

Addio al Multiplayer

Sotto la guida di Hugo Martin, id Software ha intrapreso una scelta tanto coraggiosa quanto significativa: abbandonare del tutto il comparto multiplayer per concentrarsi esclusivamente sulla campagna e sulla narrazione.

Il risultato? Ogni singolo capitolo della campagna risulta cesellato con cura, denso di contenuti e sorprendente, espandendo l’universo di Doom in direzioni inedite e inaspettate. La campagna di Doom: The Dark Ages vanta una durata appagante, una struttura solida e un ritmo coinvolgente dall’inizio alla fine. Il team sembra aver imboccato la via maestra, scegliendo la qualità anziché disperdere energie in contenuti accessori.

L’unico grande difetto di DOOM: The Dark Ages

Doom: The Dark Ages riesce con successo a superare e ampliare la formula classica della serie, grazie a un sistema di combattimento rinnovato, all’introduzione dell’Atlan e a un accresciuto focus su narrazione e world building. Tuttavia, anche questo capitolo non è privo di imperfezioni. Il nodo principale, comune a molti AAA contemporanei, è l’eccessiva presenza di contenuti secondari come segreti ed enigmi ambientali. Sebbene alcuni di voi possano apprezzarli, questi elementi rischiano di spezzare il ritmo serrato dell’azione.

In certi frangenti, l’interruzione del flusso di gioco si fa percepire, sottraendo slancio a capitoli altrimenti travolgenti. Il tempo e le risorse investiti in questi contenuti, per quanto ben realizzati, avrebbero forse trovato miglior impiego nello sviluppo di ulteriori sezioni con l’Atlan, nell’ampliamento del ruolo di Serrat o nell’introduzione di nuove aree esplorabili nella campagna.

Accessibilità e bilanciamento: obiettivo raggiunto

Doom: The Dark Ages raggiunge la perfezione in un aspetto molto discusso del capitolo precedente: il bilanciamento. Doom Eternal soffriva infatti di difficoltà eccessive in alcune boss fight – come Khan Maykr o Samur Maykr – e di sezioni platform spesso frustranti e poco riuscite. In questo nuovo episodio, tutto viene affinato e potenziato: il gameplay si fa più corposo e impattante, meno tecnico ma più letale. Ogni colpo che infliggete restituisce una palpabile sensazione di potenza, rendendo tangibile la forza inarrestabile dello Slayer.

Le boss fight sono ora calibrate alla perfezione, mai banali e sempre spettacolari. Le ultime ore di gioco offrono alcuni degli scontri più memorabili dell’intera serie, con un confronto finale che riecheggia l’epicità leggendaria della Icon of Sin.

La vera novità risiede però nell’ampia personalizzazione dell’esperienza: grazie a una serie di slider accessibili a ogni livello di difficoltà, potrete modulare ogni aspetto del gameplay – dalla velocità degli attacchi nemici alla finestra per la parata perfetta, dall’aggressività dell’IA ai danni inflitti e subiti, e oltre.

Comparto tecnico: l’ID Tech 8 al massimo

L’ID Tech 8, nuovo e potente motore grafico concepito appositamente per Doom: The Dark Ages, ha pienamente soddisfatto — e talvolta superato — le vostre aspettative. Il titolo si distingue per una stabilità impressionante e una scalabilità tecnica impeccabile, garantendo prestazioni elevate su ogni piattaforma.

Particolarmente notevole è il risultato su Xbox Series S, dove scenari di grande impatto visivo si susseguono con maestria, valorizzati da una direzione artistica che esalta ogni ambiente con raffinata eleganza. Tutto ciò si accompagna a una fluidità granitica a 60 FPS, costante anche nelle situazioni più concitate, tra decine — se non centinaia — di nemici, particellari e luci dinamiche simultanee. Un’opera di ottimizzazione magistrale, già evidente nella versione early access, che conferma ancora una volta l’inarrivabile maestria tecnica di id Software.

DOOM: The Dark Ages

Valutazione finale

Doom: The Dark Ages supera le aspettative, affermandosi come uno dei capitoli più riusciti dell’intera saga. Vi trovate davanti a un titolo dallo straordinario potenziale, capace quasi sempre di esprimersi al meglio, pur mantenendo un saldo legame con le tradizioni passate che ne rallentano parzialmente l’evoluzione.

Il team di id Software ha centrato il bersaglio, avvicinando Doom a quella rivoluzione compiuta da Santa Monica con God of War: una metamorfosi audace e proiettata verso il futuro, sempre però rispettosa dell’anima originaria.

DOOM: The Dark Ages

“Doom: The Dark Ages supera le aspettative, affermandosi come uno dei capitoli più riusciti dell’intera saga. Vi trovate davanti a un titolo dallo straordinario potenziale, capace quasi sempre di esprimersi al meglio, pur mantenendo un saldo legame con le tradizioni passate che ne rallentano parzialmente l’evoluzione. Il team di id Software ha centrato il bersaglio, avvicinando Doom a quella rivoluzione compiuta da Santa Monica con God of War: una metamorfosi audace e proiettata verso il futuro, sempre però rispettosa dell’anima originaria.”

PRO

  • Lo Slayer
  • Thira, Re Novik, Valen
  • Kreed, Ahzrak
  • Atlan Reale
  • Serrat
  • Boss fight coinvolgenti
  • Ottimo bilanciamento
  • Nuove armi
  • Scudo sega
  • World building convincente
  • Trama ben costruita
  • Slider per la personalizzazione dell’esperienza

CON

  • I segreti rallentano il ritmo
  • Gli enigmi risultano superflui in alcuni casi
  • Il drago e l’Atlan sono sottoutilizzati
  • Poco adatto come punto d’ingresso per i nuovi giocatori
  • Il sistema di raccolta dell’oro è da rivedere
SCORE: 9.5

9.5/10

Ciao sono Luca un videogiocatore di 27 anni e vivo a Brescia. Sempre alla ricerca di nuove esperienze nel settore videoludico e cinematografico.