Scegli se sopravvivere al cambiamento, o arrenderti.

Biomutant - Cinematic Trailer

Biomutant si presenta come un titolo dall’ambizione evidente: offrire un mondo aperto, ricco di personalità visiva e di possibilità ludiche, mettendo al centro la libertà espressiva del giocatore attraverso personalizzazione, crafting e un combat system ibrido che mescola corpo a corpo, armi a distanza e abilità mutate. Fin dal primo approccio il gioco dichiara le sue intenzioni, ovvero quelle di non voler essere solo un prodotto di intrattenimento funzionale, ma un universo-sorpresa, un bestiario di creature bizzarre e paesaggi mutati, un’arena di sperimentazione dove l’estetica e la giocabilità dialogano continuamente.

La premessa narrativa è semplice e immediata: un mondo post-umano in cui l’elemento centrale, l’Albero della vita, è minacciato, e il giocatore è chiamato a incarnare una creatura mutante che, a seconda delle scelte e degli alleati, potrà diventare salvatore o distruttore. Questa cornice fornisce motivazione per l’esplorazione: villaggi da salvare, fazioni da convincere, rovine da saccheggiare e meccanismi naturali e tecnologici da manipolare. Tuttavia la vera sostanza del gioco sta nell’insieme di sistemi che lo sostengono, come la costruzione delle armi, il potenziamento delle mutazioni, il karma morale delle scelte e la varietà di approcci possibili ai conflitti. Tutto questo è pensato per dare al giocatore non solo varie opzioni, ma sensazioni diverse a seconda del modo in cui decide di vestire la propria creatura.

In base a queste premesse, il giocatore potrà esplorare (scoprire ambienti, segreti e risorse), acquisire e personalizzare tecniche e armi, adattare mutazioni, scegliere abilità, combattere (passando fluidamente da tecniche corpo a corpo a spari e poteri). Questo ciclo è pensato per essere autosufficiente: ogni esplorazione offre ricompense che alimentano la sperimentazione, che a sua volta apre nuove strade narrative e opportunità di gameplay. In pratica, più il giocatore sperimenta, più il mondo si apre e si arricchisce di scelte.

La personalizzazione è un ingrediente centrale: non si tratta solo di estetica, ma di identità ludica. Il giocatore può modellare proporzioni, aspetto del pelo, caratteristiche fisiche e statistiche, scegliendo proprietà per ogni arma assemblata. Questo crea un rapporto stretto tra decisione estetica e senso di efficacia in battaglia, perché una lama pesante o un fucile sperimentale non sono solo “oggetti”, ma estensioni del modo in cui si intende affrontare il mondo. L’effetto è duplice: si favorisce la fantasia del giocatore e si incoraggia la sperimentazione continua, elemento che sostanzia la rigiocabilità.

Il tono del gioco è un mix di leggerezza e gravità. Da un lato ritroviamo momenti giocosi, umorismo visivo e personaggi a volte caricaturali; dall’altro, il tema ambientale e la decadenza del mondo trasmettono una vena malinconica che non scompare dietro alla facciata colorata. Questo contrasto è voluto: il gioco cerca di far dialogare commedia e tragedia, usando il design delle creature e la narrazione per restituire una sensazione complessa, che può oscillare tra il sorprendente e il riflessivo.

Biomutant impatta subito come un progetto ambizioso, orientato alla libertà creativa del giocatore, al crafting sperimentale e a un mondo ricco di contrasti emotivi. Se il gioco mantiene la promessa di armonizzare queste componenti ha tutte le carte in regola per risultare un’esperienza originale e duratura.

Sperimentare con qualità

Lo sviluppo di Biomutant è stato affidato a Experiment 101, uno studio svedese fondato nel 2015 da un gruppo ristretto di ex sviluppatori provenienti da Avalanche Studios, noti soprattutto per la serie Just Cause. Questo background ha inciso profondamente sull’impostazione del progetto: se Avalanche aveva una vocazione per gli open world spettacolari e caotici, Experiment 101 ha deciso di orientarsi verso un’esperienza più intima e creativamente libera, mantenendo però la stessa attenzione per la costruzione di ambienti ampi e ricchi di possibilità d’interazione.

Anche il nome “Experiment 101” vuole sottolineare l’idea di laboratorio creativo, di terreno di prova dove poter sperimentare meccaniche e approcci meno convenzionali rispetto al mercato dei tripla A. Biomutant è il loro primo titolo, e proprio per questo rappresenta un manifesto identitario. Con risorse limitate rispetto ai colossi dell’industria, ma con una chiara visione di design, gli sviluppatori hanno cercato di offrire un gioco che fosse riconoscibile e unico, senza ricalcare formule già consolidate. L’ambizione del progetto ha comportato un lungo periodo di sviluppo, iniziato intorno al 2015-2016 e culminato con la pubblicazione nel maggio 2021.

Nel corso di questo tempo, Experiment 101 ha scelto più volte di rinviare l’uscita per rifinire dettagli tecnici e ampliare contenuti, decisione che riflette sia l’impegno del team sia la volontà di non lanciare un prodotto incompleto. Questi ritardi, se da un lato hanno creato aspettative crescenti nella community, dall’altro hanno permesso di consolidare un titolo che altrimenti avrebbe rischiato di apparire troppo acerbo.

gameplay

Il supporto editoriale invece è arrivato da THQ Nordic, etichetta austriaca che negli ultimi anni si è distinta per l’acquisizione di numerosi studi e proprietà intellettuali. La filosofia di THQ Nordic è quella di dare respiro a progetti che si collocano in una fascia intermedia tra il grande budget tripla A e l’indipendenza pura: giochi cosiddetti “AA”, capaci di raggiungere un pubblico ampio senza le enormi risorse di colossi dell’industria. In questo contesto Biomutant rappresenta un esempio calzante: un prodotto con la libertà creativa di uno studio indipendente, ma sostenuto da un editore che garantisce distribuzione globale, marketing e risorse economiche aggiuntive. Questo equilibrio ha contribuito a mantenere intatta la visione originale degli sviluppatori, senza compromessi eccessivi dettati dal mercato. Allo stesso tempo, ha reso possibile la pubblicazione su più piattaforme, ampliando così la base di giocatori potenziali.

Il binomio Experiment 101-THQ Nordic ha dato vita a un progetto coraggioso: da un lato l’entusiasmo e la libertà creativa di un piccolo team con un’idea chiara di cosa realizzare, dall’altro il supporto di un editore disposto a credere nella visione e a fornire i mezzi per concretizzarla. Biomutant non è quindi solo un videogioco, ma anche un esempio di come nel mercato contemporaneo sia possibile trovare spazi produttivi tra i due estremi di indipendenza e industria, dimostrando che l’innovazione nasce spesso dalla collaborazione tra realtà agili e partner solidi.

Una trama post-apocalittica dai toni fiabeschi

La trama di Biomutant si colloca in un universo post-apocalittico in cui l’umanità è ormai scomparsa, lasciando dietro di sé solo rovine industriali, frammenti tecnologici e cicatrici ambientali. In questo mondo, nuove forme di vita antropomorfe hanno preso il sopravvento: creature mutanti che vivono in equilibrio precario tra natura selvaggia e resti della civiltà. È in questo contesto che prende forma la vicenda del protagonista, un essere dalle sembianze animali ma personalizzabile in ogni aspetto, che rappresenta l’avatar del giocatore e il punto di ingresso in una realtà dominata dal cambiamento, dal conflitto e dall’incertezza.

Il cuore narrativo ruota attorno all’Albero della Vita, simbolo di equilibrio naturale e di continuità vitale per l’intero ecosistema. Questo albero, le cui radici si estendono a nutrire e sorreggere l’intero mondo, è minacciato da creature titaniche note come World-eaters, mostri giganteschi che corrodono le radici stesse e rischiano di interrompere il ciclo vitale. La distruzione dell’Albero rappresenta la fine del mondo conosciuto, ma anche l’occasione di un nuovo inizio: sta al protagonista e alle scelte del giocatore decidere se salvare la fonte della vita o lasciarla perire, abbracciando una visione distruttiva e cinica.

Oltre a questa minaccia cosmica rappresentata dai World-eaters, la trama si arricchisce di conflitti tribali. Il mondo di Biomutant è popolato da diverse fazioni, ciascuna con la propria ideologia e visione del futuro. Alcune tribù mirano alla ricostruzione e all’unità, altre al dominio e alla sopraffazione. Questo mosaico di tensioni politiche e sociali offre al giocatore la possibilità di schierarsi, stringere alleanze, negoziare o combattere, innescando un effetto domino sulle sorti del mondo e dei suoi abitanti. La scelta di chi sostenere o abbattere non è soltanto meccanica, ma profondamente intrecciata con la direzione etica della storia.

Parallelamente, la trama principale intreccia un filo personale: la storia delle origini del protagonista. Attraverso flashback e ricordi frammentati, il giocatore ricostruisce la propria infanzia, il legame con i genitori, le scelte che li hanno portati alla morte e le radici stesse del proprio percorso. Questo elemento autobiografico arricchisce la narrazione, perché la missione di salvare o distruggere l’Albero non è più soltanto un atto cosmico, ma un gesto che riflette il vissuto individuale del protagonista. Il viaggio esteriore diventa specchio di un viaggio interiore, dove la ricerca di identità si intreccia con la responsabilità collettiva.

La struttura narrativa non è lineare, ma si adatta e modella a seconda delle azioni del giocatore. Ogni decisione, dal salvare una tribù, corromperla, allearsi con determinati leader o scegliere la violenza, incide sulla progressione e, soprattutto, sul finale. Esistono più conclusioni possibili, e la tensione tra luce e oscurità, tra rinascita e distruzione, viene resa concreta attraverso il sistema di “karma”, che bilancia ogni scelta compiuta. Il giocatore diventa così co-autore della storia, plasmando non solo il destino del mondo ma anche il proprio percorso morale.

Non va dimenticato il ruolo del narratore esterno, che accompagna ogni passo del giocatore commentando, spiegando e contestualizzando ciò che accade. Questa figura dà alla trama un tono favolistico, quasi da fiaba oscura, accentuando la sensazione che il viaggio del protagonista sia una leggenda che si tramanda. Se da un lato questo narratore contribuisce a mantenere una coerenza tonale e un legame continuo con il mondo, dall’altro inserisce anche un filtro interpretativo: gli eventi non vengono mai vissuti in modo del tutto neutro, ma sempre raccontati, come se facessero parte di una tradizione orale.

Due sono i livelli sui quali la trama è costruita: quello epico-universale della salvezza del mondo e quello intimo-personale della scoperta di sé e della propria memoria. L’intreccio di questi due piani genera una narrazione che invita alla riflessione, pur mantenendo la struttura tipica del racconto eroico: un protagonista chiamato a una missione, ostacoli giganteschi da superare, alleati e nemici da incontrare, scelte morali da affrontare. Non si tratta solo di combattere mostri o conquistare territori, ma di dare forma a un percorso di significato, in cui ogni decisione è eco di un trauma passato e promessa di un futuro possibile. In questo senso, Biomutant propone un ventaglio di possibilità che riflettono la filosofia stessa del gioco: libertà, sperimentazione, e ricerca di un equilibrio tra ordine e caos.

Profondità e riflessione

La narrativa, in Biomutant non si limita a raccontare una storia lineare, ma costruisce un universo allegorico in cui ogni elemento, dai personaggi al paesaggio, dalle missioni al commento del narratore, porta con sé un significato che va oltre la superficie ludica. L’idea centrale è quella di un mondo che vive le conseguenze di errori passati, in bilico tra rovina e rinascita, e che chiede al giocatore di prendere posizione non solo attraverso le armi, ma anche attraverso decisioni morali e visioni filosofiche.

Uno dei temi principali è l’ambiente e il rapporto con la natura, perché il mondo di Biomutant è segnato dall’inquinamento e dall’abbandono: laghi tossici, rovine industriali, residui di un’umanità che ha sfruttato e consumato senza misura. La presenza dei Worldeaters, i mostri che divorano le radici dell’Albero della Vita, diventa una metafora tangibile di questo squilibrio ecologico. Difendere o abbandonare l’Albero significa scegliere se credere ancora nella possibilità di armonia con la natura oppure accettare la deriva distruttiva, mettendo al centro una riflessione sull’impatto delle scelte collettive e sull’idea che ogni azione abbia conseguenze a lungo termine.

Un altro tema cardine è quello della mutazione. Gli esseri che popolano il mondo non sono semplici animali antropomorfi, ma organismi alterati, ibridi tra natura e scienza, risultato di adattamenti e contaminazioni. Il protagonista stesso, plasmabile dal giocatore attraverso parametri fisici e genetici, diventa un simbolo della crisi identitaria: non si nasce definiti, ma ci si costruisce, ci si adatta, ci si trasforma. Questo non è solo un meccanismo di gameplay, ma un messaggio narrativo: l’essere mutante rappresenta la condizione di chi vive in un mondo in continuo cambiamento, dove sopravvive solo chi accetta di ridefinirsi.

La memoria personale e il trauma, poi, giocano un ruolo significativo nella narrazione. Attraverso flashback e sequenze dedicate, il giocatore ricostruisce la propria infanzia e i rapporti familiari. La perdita dei genitori, l’esperienza di crescita in un ambiente ostile, il senso di colpa e la ricerca di redenzione sono tutti elementi che danno profondità emotiva alla trama. La missione del protagonista non è soltanto salvare o distruggere l’Albero, ma anche confrontarsi con il proprio passato, riconciliarsi con esso o lasciarselo definitivamente alle spalle. Ci si collega così al tema della dualità morale.

L’universo di Biomutant è attraversato da una costante tensione tra luce e oscurità, tra altruismo e egoismo, tra cooperazione e sopraffazione. Questo si manifesta nelle scelte che il giocatore è chiamato a compiere, dalle decisioni nei dialoghi alle alleanze con le tribù. Ogni azione sposta l’ago della bilancia verso un orientamento etico, influenzando la percezione degli altri personaggi e determinando lo sviluppo della trama, responsabilizzando in questo modo anche il giocatore stesso.

Il narratore, con il suo registro fiabesco, accompagna il viaggio: è la lente interpretativa attraverso cui il mondo viene raccontato. Questo stile, a metà tra leggenda e fiaba ecologica, contribuisce a dare al gioco una tonalità unica, quasi sospesa tra leggerezza e malinconia. Il narratore traduce anche il linguaggio incomprensibile delle creature, offrendo una mediazione che rafforza l’impressione di trovarsi di fronte a un mito tramandato oralmente. È come se ogni avventura del protagonista non fosse vissuta solo nel presente, ma già destinata a diventare memoria collettiva.

Il tema del potere e della divisione sociale è esplorato attraverso le tribù. Ogni fazione ha una filosofia diversa: alcune predicano l’unità, altre la forza, altre ancora la vendetta. Collaborare o combattere queste tribù significa confrontarsi con ideologie che rispecchiano dilemmi politici e sociali concreti, come il valore della solidarietà, il pericolo dell’autoritarismo, la ricerca di giustizia attraverso la violenza. Anche qui, il gioco non offre risposte definitive, ma lascia tutto nelle mani del giocatore.

Infine, il tema filosofico, perché Biomutant parla anche di rinascita e ciclo vitale. L’Albero della Vita non è solo un oggetto scenico, ma il cuore simbolico della narrazione. Le sue radici rappresentano il legame tra passato, presente e futuro; i suoi rami la possibilità di crescita e di nuove direzioni. Proteggerlo significa credere nella continuità della vita e nella possibilità di guarire le ferite del mondo. Distruggerlo, invece, è un atto radicale che accetta la fine come unica forma di liberazione. Questo dualismo tra speranza e catastrofe è ciò che conferisce spessore e complessità alla narrativa.

Artisticamente identitario

Uno degli aspetti più caratterizzanti di Biomutant è senza dubbio il suo comparto tecnico e visivo, capace di restituire un mondo che fonde meraviglia e decadenza, colori vibranti e segni di rovina, vita rigogliosa e inquinamento persistente. L’intero progetto si basa su un equilibrio costante tra estetica e funzionalità, con l’obiettivo di creare un universo che non sia soltanto scenografia, ma parte integrante dell’esperienza ludica. Unreal Engine ancora una volta riesce ad implementare un’ampia gamma di effetti grafici: sistemi di illuminazione dinamica, cicli giorno-notte e variazioni atmosferiche che modificano l’aspetto degli scenari, creando un senso di vitalità continua. Il mondo di Biomutant non è mai statico: il vento muove l’erba, la pioggia bagna il terreno, i riflessi sulle superfici acquatiche reagiscono alla luce ambientale. Questi dettagli, sebbene non raggiungano il fotorealismo dei grandi blockbuster, conferiscono al titolo una forte identità visiva.

L’art design è volutamente ibrido, con scenari che mescolano elementi naturali, come boschi lussureggianti, radure aperte, montagne innevate, con rovine industriali, centrali abbandonate, strade consumate e edifici crollati. Questa coesistenza tra natura e artificio rafforza il tema narrativo dell’ecologia e del post-apocalittico: il mondo è al tempo stesso ferito e in rinascita, contaminato ma ancora capace di rigenerarsi. La scelta cromatica riflette questo contrasto: colori saturi e brillanti per gli ambienti naturali, toni cupi e smorzati per le aree inquinate e contaminate.

Il design delle creature è senz’altro uno degli elementi più originali. Gli abitanti del mondo non sono semplici animali antropomorfi, ma esseri mutanti con proporzioni e caratteristiche bizzarre, oltre che i nomi stessi. Il protagonista plasmabile dal giocatore, può assumere sembianze molto diverse: più robusto o agile, con tratti più aggressivi o quasi caricaturali, con pelo di colori naturali o innaturali. Ogni mutazione non è solo estetica, ma influisce anche sulle caratteristiche fisiche, rendendo l’art design parte integrante delle meccaniche di gioco. Anche i nemici rispecchiano questa filosofia: dai piccoli predatori alle creature corrotte dalle tossine, fino ai giganteschi Worldeaters, ognuno è disegnato per trasmettere al tempo stesso meraviglia e minaccia.

Dal punto di vista delle animazioni, il titolo mostra un lavoro attento nel cercare fluidità nei movimenti. Il sistema di combattimento richiede una buona varietà di gesti, transizioni tra corpo a corpo, armi da fuoco e poteri mutanti, e Biomutant riesce a tradurli in dinamismo, presentando un eroe capace di muoversi agilmente in un mondo ostile. Particolare attenzione è stata riservata anche alle animazioni degli animali e degli avversari: molte creature hanno comportamenti distintivi che le rendono riconoscibili a colpo d’occhio. Un ruolo significativo in questo è svolto dagli effetti particellari: ogni mutazione e abilità speciale è accompagnata da scie di luce, scariche elettriche, esplosioni di energia o emissioni tossiche.

Questi dettagli non sono puramente decorativi, ma contribuiscono a dare feedback immediato al giocatore, attraverso l’impatto di un colpo, l’attivazione di un potere, l’effetto di un’arma improvvisata. Allo stesso modo, le condizioni ambientali particolari, quali radiazioni, aree tossiche, spazi senza ossigeno, e tante altre, sono rese percepibili non solo da indicatori sullo schermo, ma anche dalla resa visiva, con effetti cromatici e filtri che segnalano il cambiamento di atmosfera.

Sicuramente dal punto di vista tecnico abbiamo limiti di un team di piccole dimensioni, ad esempio in texture che, pur ricche di varietà, non sempre raggiungono l’alta definizione che ci si potrebbe aspettare da un open world moderno; gli stessi modelli, per quanto caratteristici, a volte mancano di dettaglio se osservati da vicino. Tuttavia, il valore complessivo sta nell’identità stilistica: Biomutant non punta al realismo assoluto, ma a un’estetica riconoscibile, che mescola tratti da fiaba con elementi post-apocalittici. Ed in questo ci riesce benissimo.

Tocco finale ma decisamente centrato, sono la gestione della telecamera e l’HUD: l’interfaccia è essenziale e lascia ampio spazio al paesaggio, mentre la telecamera cerca di enfatizzare le mosse spettacolari del protagonista, con inquadrature dinamiche soprattutto durante le combo.

Sound co-protagonista

Il comparto sonoro di Biomutant ricopre un ruolo fondamentale nell’esperienza complessiva, non solo come accompagnamento, ma come vero e proprio strumento di immersione e narrazione, costruendo un tessuto acustico che alterna silenzi, suoni ambientali e musiche mirate, così da creare un mondo che “respira” insieme al giocatore. La colonna sonora si muove su registri variabili: in alcune sequenze privilegia tonalità eteree e minimali, quasi sospese, che ricordano la dimensione fiabesca e meditativa del gioco; in altre, soprattutto durante i combattimenti, si fa più incalzante, con ritmi tribali e percussivi che aumentano la tensione. Non si tratta di un accompagnamento costante, ma di un sottofondo dinamico che si attiva in funzione delle azioni del giocatore.

Il sound design ambientale è uno dei punti più curati. L’universo di Biomutant è vivo di suoni: il vento che attraversa le radure, il fruscio delle foglie, il rumore dell’acqua che scorre o che cade in cascate, i richiami degli animali in lontananza. Questi dettagli acustici costruiscono una percezione di mondo organico, che non si limita a esistere visivamente, ma diventa percepibile anche a occhi chiusi. Le aree contaminate, al contrario, presentano suoni più cupi e metallici: suoni tossici, vibrazioni elettriche, risonanze innaturali che segnalano la pericolosità dell’ambiente prima ancora che il giocatore la percepisca visivamente.

Un ruolo importante lo giocano anche gli effetti sonori legati al combattimento. Ogni arma ha un timbro sonoro distintivo: le lame emettono colpi secchi e metallici, le armi da fuoco hanno spari che variano a seconda dei materiali e della costruzione, i poteri mutanti producono esplosioni sonore che riflettono la loro natura elementale. Questo livello di dettaglio non solo aiuta a rendere le battaglie più dinamiche, ma comunica al giocatore feedback immediato: un colpo potente deve suonare potente, un potere elettrico deve trasmettere energia anche attraverso l’udito, e così via.

Particolarmente interessante è la sonorità di mostri e creature, mai generica, ma perfettamente riconoscibile ed identitaria. I Worldeaters, in particolare, hanno un design acustico imponente, fatto di ruggiti profondi, pensati per trasmettere la loro natura titanica e minacciosa. Affrontarli non è solo un’esperienza visiva, ma anche sonora, perché i loro movimenti e i loro attacchi scuotono letteralmente l’ambiente circostante.

La voce del narratore altresì diventa un elemento sonoro caratterizzante, un marchio stilistico che dà al gioco una tonalità da fiaba narrata. Tuttavia, la scelta di renderlo così presente ha suscitato opinioni contrastanti: per alcuni la sua voce è fondamentale nel costruire l’atmosfera, per altri risulta ridondante e talvolta invadente. In ogni caso, la sua presenza sonora contribuisce a definire un’identità precisa e riconoscibile, e mal che vada, il giocatore ha la possibilità di limitarla nelle opzioni iniziali.

Non meno rilevante è la gestione del silenzio. In molte aree del gioco, soprattutto nelle sequenze di esplorazione libera, la colonna sonora si attenua fino a scomparire, lasciando che siano solo i suoni ambientali a dominare. Questo uso calibrato del silenzio amplifica l’immersione, perché costringe il giocatore a prestare attenzione a ogni fruscio o rumore sospetto, trasformando anche il semplice camminare nella foresta in un’esperienza sensoriale.

Tecnicamente, infine, il mixaggio sonoro è stato pensato per dare profondità spaziale. L’audio direzionale permette di percepire da dove proviene un rumore, aiutando l’orientamento in combattimento o nell’esplorazione. L’uso delle cuffie esalta questo effetto, rendendo l’esperienza più immersiva e permettendo al giocatore di cogliere dettagli che altrimenti passerebbero inosservati.

World building poliedrico e innovativo

Il world building rappresenta uno dei pilastri fondamentali dell’esperienza. Il mondo di gioco è un open world post-apocalittico ricco di contrasti: foreste lussureggianti che convivono con rovine industriali, paludi tossiche, villaggi tribali e paesaggi montani. Ogni regione ha una propria identità visiva, ecologica e culturale, che influenza le dinamiche di esplorazione, le missioni e le interazioni con le fazioni. Il gioco è strutturato in aree interconnesse, alcune raggiungibili fin dall’inizio, altre sbloccabili man mano che il protagonista acquisisce nuove abilità.

Questa architettura spaziale permette di dare senso alla progressione: l’esplorazione non è lineare, ma guidata dalle opportunità offerte dal mondo stesso. Alcuni ostacoli ambientali richiedono capacità specifiche, come agilità per arrampicarsi o mutazioni particolari per attraversare zone tossiche. È così che il world building diventa parte integrante del gameplay: il mondo non è soltanto un contenitore di missioni, ma un sistema di regole che il giocatore deve comprendere e utilizzare.

Le fazioni popolano questo ecosistema e conferiscono profondità al gioco. Ogni tribù ha un proprio linguaggio, estetica, filosofia e approccio al conflitto. Interagire con loro significa comprendere le loro motivazioni, guadagnare fiducia o inimicarseli, e le scelte del giocatore hanno effetti concreti sul mondo. Alcune fazioni offrono ricompense materiali, altre potenziamenti o alleati, altre ancora influenzano direttamente il destino dell’Albero della Vita. Questo sistema rafforza la percezione di un mondo vivo, in cui le decisioni del giocatore hanno peso reale.

Anche la struttura di mappa e la varietà degli spazi sono elementi progettuali pensati per dare respiro: regioni diverse offrono non solo scenari distinti ma anche opportunità ludiche specifiche. Alcune aree premiano l’agilità e il parkour verticale; altre invitano a uno stile più cauto e tattico; altre ancora incentivano l’uso di potenti armi a distanza. 

Il gameplay di Biomutant ibrida combattimento corpo a corpo, uso di armi a distanza e abilità mutanti. Il sistema di combattimento è fluido, pensato per incentivare la sperimentazione: il giocatore può combinare mosse, sfruttare l’ambiente e utilizzare le proprie mutazioni per affrontare nemici diversi. Le armi sono altamente personalizzabili: è possibile assemblarle a partire da componenti trovate nel mondo, conferendo proprietà uniche e modificando non solo il danno, ma anche il comportamento e l’aspetto visivo. Questo sistema di crafting rende ogni conflitto potenzialmente diverso dal precedente, ed è una scelta molto interessante e innovativa. Con questi elementi, affronteremo nemici vari e intelligenti. Dai piccoli predatori ai boss giganteschi, ogni creatura ha comportamenti distintivi, punti deboli specifici e movimenti unici. Alcuni nemici interagiscono tra loro, creando dinamiche di predazione o conflitto che il giocatore può sfruttare a proprio vantaggio.

Un elemento chiave del gameplay è il sistema di mutazioni, che permette di personalizzare il proprio personaggio in base allo stile di gioco preferito. Le mutazioni conferiscono abilità specifiche, potenziamenti fisici o poteri elementali. Alcune aumentano agilità e mobilità, altre danno forza e resistenza, altre ancora permettono di usare attacchi energetici o telecinetici. L’interazione tra mutazioni, armi e nemici genera una profondità strategica significativa, permettendo approcci multipli ai combattimenti e alle sfide ambientali.

Il parkour e la mobilità verticale sono altri aspetti centrali, perché il mondo di Biomutant non è piatto: pareti, rami, strutture in rovina e corsi d’acqua offrono percorsi alternativi. L’esplorazione diventa un’attività dinamica, dove osservare l’ambiente e combinare le proprie abilità permette di raggiungere punti nascosti, scoprire risorse o evitare confronti diretti. Questo approccio premia la curiosità e la sperimentazione.

Le missioni e le attività secondarie arricchiscono ulteriormente l’esperienza. Oltre alla trama principale, il mondo offre una molteplicità di sfide: salvataggi di fazioni, raccolta di risorse rare, risoluzione di enigmi ambientali, caccia a creature particolari. Queste attività sono integrate nel world building, spesso rivelando aspetti narrativi nascosti o caratteristiche uniche del territorio, dando senso a ogni azione del giocatore.

Infine, il world building di Biomutant è rafforzato dalla coerenza visiva e narrativa. Gli scenari non sono mai decorativi, in quanto ognuno racconta qualcosa della storia passata del mondo, dalla corrosione delle strutture industriali alle radure rigogliose che segnalano zone meno contaminate, e le scelte morali, sociali e tattiche si riflettono concretamente nell’ambiente.

Critica generalmente decisa

La ricezione critica di Biomutant è stata complessa e sfaccettata. I punti di forza e di debolezza del gioco emergono con chiarezza se si analizzano i diversi aspetti: world building, combattimento, narrativa, art design e performance tecnica.

Uno degli elementi più lodati riguarda l’identità visiva e artistica. Critici e giocatori hanno apprezzato la capacità del team di creare un mondo unico e riconoscibile, in cui la fusione tra natura e elementi post-industriali genera scenari suggestivi e coerenti con la narrazione. La cura nella resa delle creature, dei paesaggi e degli effetti visivi ha ricevuto commenti positivi soprattutto per la coerenza stilistica e la fantasia dimostrata nella progettazione dei personaggi. L’approccio fiabesco, combinato con un’estetica post-apocalittica, ha fornito un tono originale, distinguendo Biomutant dai titoli simili per stile e atmosfera.

Il sistema di combattimento e personalizzazione è un altro aspetto generalmente apprezzato, permettendo di combinare attacchi corpo a corpo, armi a distanza e poteri. Il crafting delle armi, che permette di assemblare strumenti unici, è stato accolto positivamente come esempio di sperimentazione. Le mutazioni e la mobilità verticale hanno inoltre aggiunto varietà, rendendo i combattimenti e l’esplorazione meno ripetitivi e più dinamici.

D’altro canto, la narrazione e la gestione della trama hanno ricevuto critiche miste. Se da un lato la struttura a più finali e le scelte morali sono state considerate un valore aggiunto, alcuni recensori hanno segnalato una certa frammentazione della storia e una narrativa principale meno incisiva rispetto alle potenzialità del mondo. L’uso del narratore fiabesco ha suscitato opinioni contrastanti: per alcuni aggiunge atmosfera e charme, per altri risulta ridondante e talvolta interferisce con l’immersione, specialmente nelle lunghe sessioni di esplorazione.

Sul piano tecnico, pur essendo il gioco esteticamente convincente, sono stati notati limiti di performance e dettagli grafici, con texture non sempre ad alta risoluzione, e animazioni non sempre fluide. Nonostante ciò, la direzione artistica forte ha mitigato l’impatto di queste carenze, facendo percepire il mondo come coerente e affascinante.

Oggetto di critica è stato anche il gameplay. Alcune missioni e combattimenti sono stati giudicati ripetitivi, con nemici che a volte presentano comportamenti prevedibili, e alcune fasi esplorative possono risultare lente o poco stimolanti per chi cerca sfide continue. Tuttavia, la possibilità di approcci multipli e la libertà concessa dal sistema di mutazioni riducono in parte questa percezione, lasciando spazio a soluzioni creative.

Dal punto di vista della longevità e rigiocabilità, i finali multipli aggiungono valore, ma alcuni critici hanno sottolineato che, una volta completata la storia principale e le principali missioni secondarie, il mondo può risultare meno stimolante, con una sensazione di vuoto nelle aree esplorate in precedenza.

Premesso ciò, la critica ha riconosciuto il coraggio e l’originalità del progetto. Pur con limiti tecnici e narrativi, Biomutant è stato apprezzato come un titolo che osa distinguersi, proponendo un mondo e un gameplay originali, lontani dalla standardizzazione di molti open world contemporanei. Questo valore creativo ha spesso bilanciato le imperfezioni, facendo emergere il gioco come un’esperienza di sperimentazione e fantasia più che come un prodotto perfettamente rifinito.

Biomutant

“Dopo aver analizzato a fondo Biomutant sotto ogni aspetto, confermiamo quanto il gioco sia un progetto ambizioso e creativo, pur con alcune imperfezioni. La prima impressione che lascia è quella di un titolo che osa distinguersi, con un’identità visiva e ludica forte, capace di sorprendere sia per la varietà degli ambienti sia per il design delle creature. Il world building è, a nostro avviso, il vero cuore del gioco. Ogni regione del mondo racconta una storia: foreste che respirano vita, paludi tossiche che narrano l’abbandono, villaggi che riflettono culture diverse e tribù in conflitto. Questa costruzione ambientale rende l’esplorazione gratificante, perché il mondo non è solo uno sfondo, ma un organismo vivo con cui interagire. Le missioni secondarie e le sfide ambientali diventano così opportunità per comprendere meglio questo ecosistema e per sperimentare con le abilità del protagonista. Il sistema di combattimento e personalizzazione è un altro punto che consideriamo riuscito, in quanto la possibilità di combinare attacchi corpo a corpo, armi a distanza e poteri mutanti genera varietà e stimola l’inventiva del giocatore. La personalizzazione del protagonista non si limita all’estetica: le mutazioni influiscono sul gameplay, incoraggiando approcci diversi e strategie personalizzate. Questa libertà rende ogni esperienza di gioco unica e aumenta il coinvolgimento, soprattutto quando si affrontano nemici impegnativi o boss come i Worldeaters. Sul piano narrativo, abbiamo apprezzato un racconto che mescola fiaba e apocalisse. Il narratore aggiunge un tono fiabesco originale, e la trama secondaria, le scelte morali e le interazioni con le fazioni contribuiscono a creare un senso di responsabilità. Dal punto di vista tecnico, texture e animazioni non sempre perfette non compromettono l’esperienza complessiva, perché il design artistico e l’estetica distintiva compensano ampiamente le imperfezioni tecniche. L’uso di Unreal Engine permette inoltre una coerenza stilistica e una resa visiva sufficientemente solida, soprattutto considerando le dimensioni del team. Il comparto sonoro e la colonna musicale contribuiscono in maniera significativa all’immersione: il silenzio, i suoni ambientali e la musica dinamica creano una sensazione di mondo vivo, e l’audio direzionale nonché gli effetti sonori delle armi e dei nemici rendono i combattimenti più coinvolgenti, aggiungendo spessore all’esperienza complessiva. Personalmente poi, considero Biomutant un titolo originale, creativo e coinvolgente, capace di trasmettere un senso di libertà e sperimentazione difficilmente riscontrabile in altri open world. È un gioco che premia la curiosità, la sperimentazione e la creatività del giocatore, e che offre ore di esplorazione gratificante e combattimenti stimolanti. Pur non essendo perfetto, si distingue come esempio di come piccoli team possano proporre esperienze uniche e riconoscibili, capaci di restare impresse non solo per il gameplay, ma per l’identità estetica e narrativa che riescono a trasmettere.”

PRO

  • World building ricco e coerente, in cui ogni area del gioco è progettata con cura, offrendo ambienti distinti e dettagliati che raccontano la storia del mondo. La presenza di foreste, paludi, rovine e villaggi tribali crea un ecosistema vivo e dinamico;
  • Art design originale e riconoscibile. Creature mutanti, personaggi e scenari hanno un’estetica unica, che mescola elementi fiabeschi e post-apocalittici, conferendo al gioco un’identità visiva forte e memorabile;
  • Combattimento ibrido e personalizzabile, che offre la possibilità di combinare corpo a corpo, armi a distanza e poteri mutanti, garantendo varietà strategica e invogliando alla sperimentazione;
  • Sistema di mutazioni e personalizzazione del protagonista, che non sono solo estetiche, ma influiscono sulle statistiche e sulle abilità, permettendo approcci differenti e uno stile di gioco unico per ciascun giocatore;
  • Narrazione fiabesca e scelte morali significative. Il titolo conferisce peso alle decisioni, rendendo la trama più coinvolgente e personalizzabile;
  • Immersione sonora, con effetti ambientali e audio direzionale che contribuiscono a creare un mondo che “respira”, aumentando il coinvolgimento nelle esplorazioni e nei combattimenti;
  • Libertà ed esplorazione. L’open world invita alla curiosità e alla scoperta, premiando il giocatore che investe tempo nell’esplorazione e nella sperimentazione con ricompense e missioni secondarie integrate nel contesto narrativo.

CON

  • Narrazione principale frammentata. La trama principale può risultare meno incisiva rispetto al potenziale del mondo, con momenti narrativamente deboli o dispersivi;
  • Limitazioni tecniche. Texture e animazioni non sempre di alta qualità, occasionali cali di frame rate, che comunque non ne pregiudicano la riuscita;
  • Ripetitività di alcune missioni e combattimenti.
SCORE: 7.5

7.5/10

From the moment I first held an NES controller, followed by the N64, my passion for video games began. However, it was during the '90s, with the release of the PlayStation, that my love for the medium truly flourished. While my heart beats for the horror genre in all its variations, I approach every video game as an immersive world to lose myself in—much like a captivating book I long to read cover to cover, or a dream I never wish to wake from.